Pensione di vecchiaia e contributiva, le differenze con 20 anni di contributi

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In Italia le pensioni si prendono in genere al raggiungimento di un doppio requisito. C’è il requisito anagrafico e quello contributivo. Si fa sempre un gran parlare dell’età pensionabile fissata a 67 anni. Si considera meno però il limite dei vent’anni di contributi versati. In ogni caso si tratta delle due soglie minime per le pensioni degli italiani, o almeno di quegli italiani che non hanno carriere così lunghe da poter accedere alle varie forme di prestazione in anticipo previste dall’ordinamento. In base alla data di inizio della carriera, esistono due misure che consentono il pensionamento con vent’anni di contributi versati. Due misure diametralmente opposte però perché anche le regole di calcolo sono completamente diverse le une dalle altre.

Pensione di vecchiaia e contributiva, le differenze con 20 anni di contributi

La pensione di vecchiaia ordinaria si centra con 67 anni di età e con vent’anni di contributi versati. Misura aperta a tutti i lavoratori senza distinzione di genere, di lavoro o di condizioni fisiche e familiari. Una specie di pensione di vecchiaia, sempre con vent’anni di contributi, si può percepire a 64 anni di età, anche se è chiamata pensione anticipata contributiva. È evidente che la seconda misura sia più favorevole, almeno a primo acchito visto che consente di uscire tre anni prima dal lavoro. La platea dei beneficiari però è sostanzialmente differente. Perché se la prima misura è aperta a tutti i lavoratori, la seconda è aperta solo ai cosiddetti contributivi puri.

Tutti i pro e i contro della pensione di vecchiaia e dell’anticipata contributiva

La pensione di vecchiaia riguarda tutti i lavoratori e quindi a prescindere dalla data di accredito del primo versamento contributivo. Come dicevamo si esce a 67 anni di età con vent’anni di contributi versati. Il pensionato percepirà la pensione effettivamente spettante alla data di uscita in base al valore dei contributi versati. Il calcolo della prestazione e misto per coloro i quali hanno iniziato a lavorare prima del 1996. Infatti, la parte di carriera antecedente quell’anno, viene liquidata con il sistema retributivo. La parte di carriera successiva invece con il sistema contributivo. La pensione anticipata contributiva invece viene calcolata tutta inevitabilmente con quest’ultimo sistema. Infatti è la misura è destinata ai contributivi puri, cioè a soggetti privi di versamenti antecedenti il primo gennaio 1996.

Quella contributiva ha più vincoli

Se la pensione di vecchiaia ordinaria non presenta vincoli e limitazioni, non è così per la pensione anticipata contributiva. In questo caso infatti non basta aver completato 64 anni di età e vent’anni di contributi versati per poter avere accesso a questa misura. Per i contributivi puri infatti c’è da completare un requisito aggiuntivo che è quello della pensione che deve essere pari alla almeno 2,8 volte l’assegno sociale. In altri termini, senza una pensione di circa 1.300 al mese, la pensione anticipata contributiva non viene percepita. In questo caso il lavoratore dovrà attendere i 67 anni della pensione di vecchiaia ordinaria.

Bisogna ricordare che la pensione contributiva, calcolata con l’omonimo sistema, è quella che effettivamente prevede un calcolo più penalizzante per il pensionato. Non tenendo conto delle retribuzioni degli ultimi anni di carriera, la pensione è esattamente quella spettante in base ai contributi versati. Pertanto, per poter avere accesso ad un trattamento del genere servono delle retribuzioni piuttosto elevate per tutta la carriera. La pensione di vecchiaia e contributiva quindi sono misure che di simile hanno solo la soglia minima di contributi che occorre versare.

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