Andare in pensione il prima possibile è importante e a volte necessario. Ma diventa determinante anche l’importo del trattamento che verrà riconosciuto. Perchè proprio su quello si baserà il potere di acquisto del futuro pensionato. Alla luce di questo non sempre conviene lasciare il lavoro prima di aver raggiunto i limiti di età per il trattamento di vecchiaia. E non sempre accedere al pensionamento anticipato, quindi, può essere conveniente in determinati casi. Cerchiamo di capire come funziona, economicamente, una misura poco utilizzata ma con buon potenziale.
Cos’è la RITA
Indice dei contenuti
Esiste una forma di pensionamento che non viene erogata dall’INPS. Non si tratta, quindi, di un vero e proprio trattamento previdenziale quanto di uno scivolo che consente al lavoratore di giungere alla misura di vecchiaia vera e propria. Questo ricevendo una rendita mensile e andando in pensione a 57 e 62 anni.
Si tratta della RITA, Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, una misura dedicata a chi è titolare di un fondo pensione complementare. Questa permette l’accesso con almeno 20 anni di contributi obbligatori versati a:
- disoccupati da almeno 24 mesi cui mancano un massimo di 10 anni alla pensione di vecchiaia (57 anni di età compiuti, quindi);
- lavoratori ancora in servizio cui mancano meno di 5 anni al pensionamento di vecchiaia (62 anni di età).
Necessario, come abbiamo anticipato, essere titolari di un fondo integrativo in cui risultino almeno 5 anni di contributi.
Pensione a 57 e 62 anni è possibile anche con 20 anni di contributi e senza Legge 104, ma ecco a chi conviene
Anche se sembra una misura accessibile a tutti è bene sapere che la RITA, per essere utilizzata al meglio, deve essere pianificata. Se anche richiede, infatti, solo un minimo di 5 anni di contributi versati nel fondo integrativo, è necessario fare una doverosa precisazione. La rendita che si andrà a ricevere nel periodo che separa dal trattamento di vecchiaia dipenderà dal tesoretto versato nel fondo complementare.
Facciamo qualche esempio. Un lavoratore che ha versato nel fondo 200 euro al mese per 10 anni avrà accantonato un montante contributivo di 24.000 euro. Andando in pensione a 62 anni questo tesoretto dovrà essere spalmato nei 5 anni di anticipo restituendo una rendita di circa 400 euro al mese. Troppo pochi per garantire una vita dignitosa in attesa dei 67 anni.
Un lavoratore che avrà versato, invece, 300 euro al mese per 30 anni potrà contare su un montante contributivo di 108.000 euro. Anticipando anche di 10 anni la pensione, se è disoccupato, questi avrebbe diritto ad una rendita mensile di 900 euro al mese. Cifra che raddoppia se invece accede alla misura a 62 anni.
Come appare chiaro, quindi, la convenienza della RITA è legata al capitale accumulato nel fondo integrativo. Proprio perchè sarà quello a garantire il reddito per gli anni che separano dalla quiescenza vera e propria.