Partita la roulette russa del gas che potrebbe costringere l’Europa ad una nuova austerity

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I timori di Francia e Germania circa la riapertura del gasdotto Nord Stream 1 si potrebbero avverare. Ieri, infatti, i vertici di Gazprom hanno fatto sapere che, al momento, non è possibile garantire la riapertura dell’impianto per la data prevista, ovvero il 21 luglio. Lunedì 11 luglio era scattato il taglio alla distribuzione della materia prima in Europa a causa, ufficialmente, di alcune riparazioni tecniche. Riparazioni che, all’interno del panorama di tensione e guerra, è apparso agli occhi di alcuni come una sorta di ricatto.

Infatti i Governi francese e tedesco dimostrato estremo scetticismo sulla riapertura dell’impianto entro i termini fissati. E le ultime dichiarazioni di Gazprom sembrano confermare tali paure. Confermando anche il fatto che parrebbe essere partita la roulette russa del gas. Al centro della diatriba, tra le altre cose, anche una turbina che, attualmente, si trova in riparazione in Canada e che rischierebbe di rimanere bloccata lì per via delle sanzioni che ne impediscono il ritorno.

Da qui il problema. Secondo le dichiarazioni di Mosca, senza la turbina non è possibile garantire il corretto funzionamento di un tratto del gasdotto che porterebbe la materia prima in Germania direttamente dalla Siberia. Secondo i punti di vista occidentali, invece, si potrebbe aumentare il flusso dalle altre arterie per riuscire a compensare.

Partita la roulette russa del gas che potrebbe costringere l’Europa ad una nuova austerity

Per evitare lo stop all’intera distribuzione, Ottawa aveva concesso una deroga, permettendo, perciò il ritorno della turbina, pur sapendo prima di tutto di sollevare le ire del Governo ucraino e, in secondo luogo, di rischiare la violazione delle sanzioni. Purtroppo, però, da Gazprom è arrivata la dichiarazione che ha gelato l’Europa. Allo stato attuale dei fatti non esistono documenti, secondo i vertici aziendali, che attestino che la turbina sia sulla strada del ritorno.

Sul tavolo ci sarebbero 60 dei 200 miliardi di metri cubi che Mosca vende ogni anno alle Nazioni europee. Non solo, ma secondo gli osservatori il blocco del gasdotto sarebbe solo l’ultimo tassello del piano di Putin per mettere pressione ai Paesi del Vecchio Continente. A qualche settimana fa risalgono le richieste di Mosca di pagamenti in rubli. Pagamenti che Polonia, Bulgaria, Paesi Bassi, Finlandia, Danimarca non hanno voluto fare vedendosi tagliati i rifornimenti. Per chi resta, invece, l’unica strada da percorrere, prima di riuscire a trovare l’indipendenza energetica da Mosca, potrebbe essere solo il razionamento.

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