La questione dell’eredità da spartire rischia di assorbire molte energie e tempo. In primo luogo, perché è difficile da suddividere e quantificarne concretamente l’ammontare complessivo. La ricchezza può assumere moltissimi aspetti: beni liquidi, mobili, immobili, ecc.
Oltre a queste problematiche esistono poi alcuni aspetti giuridici ulteriori che riguardano la natura dell’atto e del bene stesso. Basta una rinuncia alla qualità di erede per modificare le quote da assegnare. Così come, in qualsiasi momento, potrebbe emergere un nuovo testamento valido, successivo rispetto a quello utilizzato, e in grado di modificare la suddivisione dei beni.
Esiste poi una natura giuridica dello stesso che ne condiziona l’utilizzo e la possibilità acquisitiva. Come forse sapremo tra i metodi di acquisto della proprietà, a titolo originario, c’è la cosiddetta usucapione. Si tratta del possesso protratto nel tempo di un bene unito alla volontà di esserne il proprietario.
Alcune condizioni necessarie
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Dovremmo così sapere che i coeredi potrebbero diventare proprietari a titolo originario di un bene indivisibile, che condividiamo con loro in qualità di coeredi. Questo si potrebbe verificare in alcuni casi, con discreta facilità.
Pensiamo al caso di un bene immobile posseduto del coerede, già prima dell’apertura del testamento. Questo aspetto è centrale nel comprendere il fenomeno che potrebbe accadere. Infatti, non basta il mero atto successorio per poter interrompere o escludere l’acquisizione del diritto ad usucapire.
Gli atti idonei ad interrompere l’usucapione sono evidenziati all’articolo 1167 del Codice civile e all’art.2943. Tra questi, però, non rientra la dichiarazione di successione. Così, parenti ed altri eredi legittimi potrebbero sottrarci legalmente parti consistenti dell’asse ereditario.
Vediamo però qualche esempio, visto che il caso concreto che potrebbe preoccupare molti è quello di un immobile condiviso con altri coeredi, di cui uno già domiciliato all’interno dello stesso. Come detto, il mero atto successorio non modifica la situazione precedente e non costituisce titolo interruttivo. La giurisprudenza ha anzi progressivamente specificato i limiti di questo comportamento.
Parenti ed altri eredi legittimi o legittimari potrebbero sottrarci legalmente parte del patrimonio ricevuto con testamento se non prestiamo attenzione a questo comportamento
Per poter sancire il titolo acquisitivo è stato ritenuto di per sé insufficiente il dato fiscale del pagamento delle imposte da parte del preteso nuovo titolare. È necessario, infatti, che il possessore utilizzi in maniera esclusiva il bene. L’esclusività si manifesta per la incompatibilità dell’uso con il godimento da parte di altri coeredi. Concretamente questo può avvenire, nel caso di un immobile, nella concreta permanenza all’interno dello stesso da parte del possessore, magari sancita anche da un cambio di serratura.
Tramite la loro inerzia, i coeredi riconoscono nel tempo il diritto accampato dal possessore. Complessivamente l’esercizio continuato del bene deve avvenire per 20 anni, per poter costituire titolo idoneo. Ma una parte consistente di questo periodo potrebbe essersi svolta prima dell’apertura della successione.
Tra gli atti idonei ad interrompere l’usucapione, l’art.2943 prevede l’avvio di una domanda giudiziaria o di una clausola arbitrale. L’art.1167 invece prevede l’interruzione dello stesso per perdita del possesso per oltre un anno.
Per quanto concerne la questione ereditaria non dovremmo dimenticare che non sempre i lasciti vengono tassati. In alcuni casi il passaggio, anche nei confronti di soggetti terzi rispetto alla famiglia, è assolutamente gratuito. Questo vale a prescindere dall’importo ereditato.
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