Sulla pandemia in corso ci sono questioni mediche e giuridiche ancora poco chiare. Le chiariamo noi, anche per dare indicazioni su un possibile ricorso contro un verbale sanzionatorio, per violazione del DPCM.
La pandemia in corso ha evidenziato, sia durante la prima ondata, che durante la seconda, tuttora in corso, un intreccio tra questioni giuridiche e medico-sanitarie, di non poco conto.
Basti dire che sono stati messi in forse alcuni fondamentali diritti, come quello della libertà di movimento.
Ma siamo sicuri che tutto sia chiaro e legittimo?
E che in primis proprio il Governo, pur giovandosi dell’ausilio di alcuni organi dalle elevate competenze, abbia rispettato fondamentali principi del nostro ordinamento giuridico?
Pandemia: questioni mediche e giuridiche ancora poco chiare
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Ma procediamo con ordine, e cerchiamo innanzi tutto di capire come si sia giunti alla attuale situazione.
Purtroppo, dopo il venir meno di determinate restrizioni alla libertà di movimento, e complice soprattutto la stagione estiva e vacanziera, si sono realizzate situazioni particolarmente favorevoli alla circolazione virale.
Tanto che, dopo un innalzamento graduale dei casi di contagio, anche in Italia abbiamo assistito al riemergere di un modello di curva esponenziale, sia in termini di progressione di numero di contagi, che di rapporto tra nuovi contagi e tamponi giornalieri effettuati.
Quasi inevitabile conseguenza lo stato di sofferenza delle strutture mediche ed ospedaliere, che non ce la fanno ad accogliere nuovi pazienti, in diversi ambiti territoriali.
Altra conseguenza, però, è stata anche la decisione relativa a nuove restrizioni delle nostre libertà individuali, che hanno dato luogo ad una Italia suddivisa in tre fasce di diverso colore, e ad annesse polemiche soprattutto sulla validità dei dati, che stanno alla base di questa tripartizione.
Lo stato attuale di pandemia
In ogni caso, a prescindere da eventuali responsabilità di chi abbia assunto o meno determinate misure, queste si stanno rivelando inefficaci nell’evitare quello, cui non bisognerebbe mai giungere.
Mi sto riferendo al concetto di pandemia fuori controllo.
Quando si verifica?
Quando, come purtroppo constatato nella giornata di ieri, il numero di contagiati supera l’uno per cento della popolazione.
Cosa fare?
La mia modesta opinione è che questa domanda debba ricomprendere anche il cosa evitare. Perché, in ogni caso, non è consentito a nessuno di fare qualcosa che, a prescindere da valutazioni mediche, sia comunque vietato dall’ordinamento giuridico.
Proprio per questo motivo, risulta sicuramente opportuno che organi tecnico-scientifici indichino certi comportamenti che, da un punto di vista medico o igienico, possano contrastare la pandemia.
Ma, al contempo, non è certo consentito, tanto meno al Governo, violare principi e norme del nostro ordinamento.
Con un risvolto comunque pratico. Quello di poter impugnare eventuali sanzioni irrogate per mancata osservanza degli ormai famosi DPCM.
Vediamo quindi in cosa consistano queste violazioni, e fate attenzione.
Perché si tratta di motivazioni, peraltro già fatte presenti in alcuni ricorsi, e accolte anche da giudici di pace, che hanno annullato le sanzioni irrogate.
Ma prima chiariamo una faccenda non bene chiarita dai media.
È obbligatorio avere con sé l’autodichiarazione scritta?
Nelle regioni che prevedono limiti alla circolazione non è comunque obbligatorio avere con sé questa autodichiarazione scritta.
Alcuna norma lo impone. È sufficiente dichiarare uno dei motivi consentiti per lo spostamento, anche verbalmente. Sarà semmai l’agente accertatore, ad esempio la polizia municipale, a farvi sottoscrivere una dichiarazione.
E, se siete furbi, dovete sempre addurre un motivo che non possa essere oggetto di facile contestazione.
Come il fare la spesa, dovendo recarvi in una pluralità di esercizi commerciali (non è infatti possibile un controllo capillare dei movimenti di questo tipo).
Se io dico che devo recarmi al supermercato, poi dal macellaio, in pasticceria, dal fruttivendolo, etc. ben difficilmente si potrà controllare tutta questa miriade di movimenti.
Ma poniamo anche che sia possibile e che venga fatto.
Nulla vieta che una persona cambi idea, ad esempio perché non si è sentita bene, ed è quindi tornata a casa, modificando il percorso inizialmente previsto.
Nessuno potrà obiettare che la persona non possa cambiare idea e percorso, ad esempio per non essersi sentita troppo bene.
Insomma, si è capito già da qui che la normativa in materia è, per certi versi, facilmente eludibile già in fase di prevenzione delle sanzioni.
E nessuno potrà contestare che io, ad esempio, vada a fare la spesa, ancora non fatta. Infatti non dovete, ad esempio, dire che l’avete già fatta, perché vi potrebbero domandare di fargli vedere gli articoli acquistati.
Ma se dichiarate che state andando a farla, nessuno potrà contestarlo.
Ma sin qui ho indicato alcuni accorgimenti più per prevenire le sanzioni amministrative, impropriamente denominate da molti multe, che per farle annullare.
I motivi di impugnazione
Consideriamo invece il caso che siate state fermati e sanzionati, per violazione del DPCM, nonostante alcuni accorgimenti preventivi, come quelli sopra indicati.
Uno dei motivi di impugnazione di un verbale, che abbia irrogato una sanzione, è proprio questo.
Dovete indicare che eravate usciti per un motivo legittimo, come il fare la spesa. Basta averlo dichiarato, e sarà onere della controparte dimostrare che non è vero.
Ma esistono molteplici motivi di illegittimità dei provvedimenti governativi, da considerare come tali. A prescindere dal fatto che i vostri spostamenti fossero giustificati o meno.
Personalmente, ho trovato molto strano che organi, come il DAGL, Dipartimento degli Affari Giuridici e Legislativi, che sovrintendono all’elaborazione tecnica delle norme da inserire nei provvedimenti, non abbiano tenuto conto di una giurisprudenza, che già ha bollato come illegittimi siffatti provvedimenti, quali DPCM ed ordinanze ministeriali.
E sicuramente, nel frattempo, altre sentenze potrebbero andare nella stessa direzione, consentendo in tal guisa di arricchire di riferimenti giurisprudenziali il proprio ricorso.
Ma vediamo questi motivi di antigiuridicità.
Violazione della normativa sullo stato di emergenza
Uno dei presupposti per l’emanazione di provvedimenti restrittivi è la dichiarazione dello stato di emergenza, che però non è consentito per i casi di pandemia.
La materia è regolata, nello specifico, dal combinato disposto di due articoli della legge numero 255 del 1992.
In particolare l’art. 5 consente la proclamazione dello stato emergenziale, solo nei casi previsti dall’art. 2, comma 1, lettera c, della stessa legge, ossia calamità naturali o connesse all’attività dell’uomo.
È la pandemia un evento tale, da rientrare in tale fattispecie?
Quanto alla riconducibilità ad attività umane, non vi è al momento alcuna prova, a prescindere dalle teorie che vorrebbero il virus creato in laboratorio.
E quanto alle calamità naturali, non sono ricompresi eventi medici, ma di natura sismica o idrogeologica, almeno secondo la prevalente interpretazione.
Pertanto, in presenza di una situazione pur grave, come una pandemia, non era consentito al governo o ad altro organo la proclamazione dello stato emergenziale, previsto dalla normativa sulla protezione civile, secondo il prevalente orientamento interpretativo in materia.
Questo è un punto già dichiarato da giurisprudenza del giudice di pace.
Profili di incostituzionalità
Ma, anche a voler ammettere un’interpretazione ampia, estensiva del concetto di calamità naturale, e quindi la legittimità della proclamazione del conseguente stato di emergenza, vanno comunque rilevati alcuni profili di incostituzionalità della normativa.
Non sarà necessario richiedere l’intervento della Corte costituzionale, per farli dichiarare in via giudiziaria.
Il DCPM è infatti norma di rango secondario, e l’eventuale sua illegittimità, anche solo sotto il profilo costituzionale, comporta una disapplicazione diretta da parte del giudice di pace.
Violazione art. 16 Costituzione
Il DPCM viola apertamente la Costituzione, dal momento che l’art. 16 contiene una riserva di legge. Solo la legge, o atto avente pari valore, quale un decreto legge, potrebbe definire certe limitazioni alla libertà di movimento, non certo un atto di natura regolamentare, e comunque fonte di diritto subordinata alla legge.
Violazione art. 3 della Costituzione sotto un duplice profilo
Ma si ravvisa almeno un’altra violazione di un altro fondamentale articolo della Costituzione, l’art 3, che fissa il principio di uguaglianza.
Soprattutto viene violata l’uguaglianza sostanziale, che consiste nell’obbligo di usare pari trattamento giuridico di situazioni uguali e differente normativa di situazioni razionalmente differenziate.
Si deve cioè seguire il principio della giustifica parità o disparità di trattamento giuridico tra situazioni, per evitare l’incostituzionalità di una normativa legislativa.
Se quindi esiste una differenza tra più situazioni, differentemente normate, non si avrà violazione dell’art. 3, se la diversità della normativa è giustificata da uno o più elementi. E si avrà invece violazione dell’art. 3 se le situazioni sono uguali, o presentano differenze, ma non tali da giustificare, razionalmente, una diversa normativa. Ma si avrà violazione dell’art. 3 anche nel caso di situazioni, trattate uniformemente dalle normative giuridiche, se invece presentano elementi tali da giustificare una diversa normativa.
Il che significa che la diversità o uniformità di trattamento va giustificata in base a criteri che la motivino.
E qui viene in considerazione una duplice violazione, per categorie e, probabilmente, anche per regioni.
Violazione per categorie
La violazione per categorie risulta evidente, considerando che non si comprendono i motivi razionali che comportano chiusura di certe attività, come quella dell’estetista, e apertura dei parrucchieri.
Si profila in tal modo una ingiustificata disparità di trattamento. Si tratta pur sempre di attività estetiche. Ed il fatto di farsi tagliare i capelli non pare attenere ad una ragione così diversa dal fatto di conseguire un altro tipo di trattamento estetico.
Ma se il precedente motivo attiene all’esercizio delle attività, la limitazione di movimento risulta gravemente lesa da una violazione dell’uguaglianza per regioni.
Violazione per regioni
La tripartizione delle regioni è stata adottata sulla base di 21 parametri.
Ma, sotto il profilo della giustificazione di questa scelta, diversi pareri tecnici hanno definito questo metodo ingiustificato ed irrazionale, sia perché certi dati, così raccolti, parrebbero già datati, rispetto all’evolversi della situazione, sia perché non paiono giustificare una sufficiente differenziazione basata sulle effettive dinamiche della pandemia.
Si viene quindi a profilare una ulteriore disparità di trattamento, non sostenuta da sufficienti motivazioni razionali.
Si potrebbe, quindi, raccogliere materiale tecnico su tale punto, da allegare ad un eventuale ricorso.
O anche produrne di proprio, se in possesso delle competenze necessarie, a dimostrazione che i parametri usati per la differente normativa tra regioni non giustificano tali diversità. E ci troviamo, quindi, ancora una volta di fronte ad una violazione dell’art. 3 della Costituzione.
Pandemia: questioni mediche e giuridiche ancora poco chiare. Conclusioni
Diversi motivi di illegittimità, sia rispetto a norme di legge ordinaria, che alla Costituzione, costituiscono altrettante motivazioni per un possibile ricorso contro un eventuale verbale sanzionatorio, per violazione del DPCM governativo. A tali motivi abbiamo voluto aggiungere anche l’indicazione di taluni accorgimenti, per prevenire le sanzioni, come il dichiarare un legittimo motivo di spostamento, meglio ancora se difficilmente controllabile.
Con questo non intendiamo invitare a comportamenti irresponsabili.
Il Covid-19 è una questione seria e giustamente i cittadini devono tenere comportamenti idonei a prevenirli. Ci sono però, questioni mediche e giuridiche ancora poco chiare sulla pandemia.
Ma il Governo o qualsiasi altra autorità non possono imporli, se questo è contrario a norme e principi dell’ordinamento giuridico.
È quanto peraltro già definito da certi orientamenti giurisprudenziali dei giudici di pace, in sede di ricorso contro verbali sanzionatori.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT“