La vita è fatta di scelte, anzi è un susseguirsi di scelte, da quelle leggere a quelle più impegnative come quando si tratta di gestire i risparmi. Come farli fruttare senza comprometterne il valore nominale? Meglio affidarsi ai mercati azionari o a quello immobiliare o seguire la scia del reddito fisso? Ad esempio, oggi per fare l’affare con BTP e titoli di Stato è meglio puntare sulla cedola alta o su una ricca plusvalenza finale? Proviamo a capire come orientarsi e cosa scegliere in questa precisa fase storica dei titoli di Stato.
Il risveglio dei rendimenti sui sovereign bond
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Nel giro di un paio d’anni lo scenario sui bond sovrani è letteralmente mutato. Se nel biennio del Covid i rendimenti a breve-medio termine erano addirittura negativi, oggi un BTP con modesta durata residua rende intorno al 10% netto complessivo. Insomma, due epoche differenti nel giro di una manciata di mesi.
Ad esempio chi ha sottoscritto in emissione BTP di lungo termine nel recente passato oggi spesso si ritrova potenziali perdite a doppia cifra in portafoglio. Le cedole offerte sulle emissioni del 2020-’21 erano al lumicino per cui non appena i tassi sono aumentati gli operatori hanno venduti questi bond a piene mani. In pratica il mercato ha adeguato i rendimenti di tali titoli alla nuova realtà dei fatti.
Diversa, invece, la situazione per chi ha soldi liberi e disponibili da investire oggi. Il mercato presenta la possibilità di scegliere tra due interessanti opzioni differenti. Meglio investire sui titoli a cedola alta, spesso sopra cento, o puntare sulla ricca plusvalenza finale di molti titoli lunghi a cedola bassa e quotati sotto cento?
Oggi per fare un affare con BTP e titoli di Stato è meglio puntare sulla cedola alta o su una ricca plusvalenza?
Fra i due, in entrambi i casi il rendimento effettivo medio annuo, a scadenza, è abbastanza similare. A cambiare, e anche di tanto, sono le rendite periodiche fino a scadenza e le possibili strategie operative.
A grandi linee, i bond a cedola elevata sarebbero da preferire per chi intende garantirsi una robusta rendita periodica fino a scadenza. In un certo senso si paga lo scotto del prezzo sopra 100, più che compensato dall’alto interesse periodico. Quest’ultimo potrebbe poi essere reinvestito agli attuali rendimenti o impiegato per le spese correnti, alla bisogna. Inoltre questi bond soffrono di una spanna in meno (rispetto a quelli a cedola bassa) in caso di aumento dei tassi di interesse della BCE.
I titoli con cedola bassa: quando sceglierli?
Il discorso s’inverte nel caso dei titoli che prezzano abbondantemente sotto 100. Essi hanno in genere una cedola striminzita per cui mal si prestano per chi punta a garantirsi un flusso di rendita nel tempo. Non solo, ma sono anche leggermente più sensibili, rispetto ai BTP a cedola corposa, sul fronte delle variazioni dei tassi, tanto al rialzo quanto al ribasso. Per cui non appena partirà la stagione dei tagli dei tassi da parte della BCE, questi strumenti daranno ricche soddisfazioni ai loro possessori.
A chi potrebbero far più gola, allora, questi bond?
Principalmente a due categorie di risparmiatori. Primo, a chi ha elevata propensione al rischio e punta più sul movimento dei prezzi che non al flusso cedolare. Secondo, a chi cerca e/o ha bisogno di una ricca plusvalenza a scadenza, rimandata nel tempo, investendo oggi “a sconto” rispetto al valore nominale. Ad esempio potrebbe essere il caso di chi ha figli piccoli e pensa alle loro spese da grandi (studi, auto, l’andare a vivere da soli, etc). Oggi, infatti, con un esborso ben al di sotto del valore nominale di un titolo ci si garantisce un ricco rimborso finale.