Oggi si incontrano Governo e opposizioni per discutere sull’ipotesi di introduzione per legge di un salario minimo nel nostro ordinamento.
Ma una forma di salario minimo esiste già nel nostro ordinamento giuridico. In questo articolo spieghiamo di cosa si tratta e perché Italia Viva non partecipa all’incontro.
A cosa serve l’incontro di oggi
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L’incontro di oggi tra esecutivo ed opposizioni ha per oggetto il salario minimo. Le opposizioni, tranne Italia Viva, hanno condiviso una proposta di legge, ma sanno che non hanno la maggioranza sufficiente per farla approvare. Di qui il tentativo di una intesa con la maggioranza. L’incontro dovrebbe quindi rappresentare un primo passo, finalizzato a comprendere se vi possa essere una forma di intesa su un testo, sul quale possano concordare sia le opposizioni, che la maggioranza.
Le diverse posizioni
Come noto, il Governo ed i partiti di maggioranza non sarebbero favorevoli a questa misura, per diversi motivi. Non ultimi la significativa diffusione, in Italia, della contrattazione collettiva ed il paventato rischio di una sorta di corsa al ribasso. In altri termini, qualora si definisse per legge un salario minimo, secondo taluni vi sarebbe il rischio che successive contrattazioni convergano su questo livello di minimo salariale, invece di poter definire minimi salariali superiori.
Ma anche all’interno dell’opposizione non sussiste uniformità di vedute. In particolare, tra gli altri partiti di opposizione e Italia Viva. Questo partito non è contrario, in quanto tale, al salario minimo, ma alla costituzione di un fondo di sostegno.
Infatti, il salario minimo potrebbe comportare vari oneri, sopratutto per aziende che non riescano a sostenerne gli oneri aggiuntivi. Per tale motivo si è pensato alla costituzione di un fondo di sostegno, che verrebbe finanziato tramite la fiscalità generale, ed a tale ipotesi si contrappone Italia Viva.
Un salario minimo già esiste nel nostro ordinamento
L’obbligo di rispettare un salario minimo, in certo qual senso, tuttavia già esiste nel nostro ordinamento.
Infatti tra i casi, che potrebbero ricadere negli estremi del reato di sfruttamento del lavoro, è contemplato proprio quello del mancato rispetto di un salario minimo.
L’art. 603 bis del codice penale prevede espressamente quanto segue.
Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni: la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Pertanto un giudice penale potrebbe anche ritenere sussistere il reato di sfruttamento, in assenza del rispetto di un salario minimo, peraltro anche a prescindere da una sua più precisa quantificazione legale o contrattuale.
Al momento, infatti, in assenza di un minimo salariale definito per legge, ai fini dell’applicazione dell’art. 603 bis, il salario minimo di riferimento è appunto quello definito da contratti collettivi, ma in ogni caso un salario troppo basso, anche nell’ipotesi che questo sia definito tramite contratti collettivi, se troppo basso.
In tal senso, ha fatto notizia il caso della Mondialpol, società operativa nel settore della security, che è stata addirittura commissariata, per ipotesi di sfruttamento del lavoro, anche in considerazione proprio di salari troppo bassi, in sede penale.
Oggi incontro tra Governo e opposizioni sul salario minimo. Ma una forma di salario minimo esiste già. Conclusioni
Quella del salario minimo costituisce una vexata quaestio, su cui si confrontano tesi antitetiche, sopratutto in materia di possibili conseguenze economiche.
Oggi si confronteranno partiti di opposizione ed esecutivo. Non resta quindi che attendere l’esito dell’incontro, per capire in quale direzione si procederà. Ferma restando la rilevanza nel nostro ordinamento di tale materia, già contemplata dal codice penale.
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