L’art. 27 della Costituzione stabilisce che: “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.” Secondo delle statistiche del 2020, ogni anno l’Italia versa circa 2.9miliardi di euro solo per il sistema penitenziario: ogni detenuto costa al mese circa 4.000 euro (131 euro al giorno).
Oggi giunge un importante accordo tra CNEL e Ministero di Grazia e Giustizia per offrire ai detenuti una seconda possibilità.
Brunetta cerca la svolta e il cambiamento
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Il nuovo Presidente del CNEL da poco insediatosi ha definito quello che dovrebbe essere il ruolo dell’organo costituzionale: “avviare il rilancio del Consiglio sulla base delle nuove necessità e a valle di nuove norme. Si intende inverare il compito affidato dai Padri costituenti al CNEL e potenziarne il ruolo consultivo ex ante ed ex post nei confronti di Governo e Parlamento.”
L’obiettivo, quindi, sarebbe quello di mettere al centro della vita economica e del lavoro un organo che molti ritengono inutile e dispendioso.
Ora si attende una svolta.
Infatti, il Presidente del Consiglio auspica che “il CNEL divenga luogo di incontro tra Governo e sindacati”. Oltre a questo compito, “il Consiglio si propone come sede naturale per il confronto tra le istituzioni e la società civile organizzata, al fine di favorire la progettazione della migliore regolazione possibile”.
I primi importanti passi verso l’efficienza e la centralità nella vita del Paese del nuovo CNEL
Siglato un Accordo Interistituzionale tra Ministero della Giustizia e CNEL “per promuovere, con attività concrete, il lavoro e la formazione quali veicoli di reinserimento sociale per le persone private della libertà. Il lavoro rappresenta uno degli elementi del trattamento penitenziario finalizzati al reinserimento sociale dei detenuti ed al conseguente abbattimento del rischio di recidiva”.
Questo è un modo che si ritiene ottimale per offrire ai detenuti una seconda possibilità di inserimento sociale e lavorativo. A tal fine si prevede “l’incremento dei percorsi di formazione anche universitaria e di riqualificazione professionale di detenuti e internati”.
Secondo una recente statistica, il livello di recidiva di chi lavora scende ad un 19% circa. Quello di chi non lavora, invece, sale al 70%.
È quindi fondamentale garantire un reinserimento lavorativo e sociale del detenuto.
L’accordo fra CNEL e il Ministero di Grazia e Giustizia sembra un buon punto di partenza.