Obblighi e testi normativi: sempre correttamente formulati, o gli enti preposti rischiano talora una brutta figura?

obblighi normativi

Capita che le norme di legge, o comunque i testi giuridici, non siano sempre perfettamente formulati.

Con conseguenze talora paradossali nei confronti dei destinatari di tali disposizioni, e anche nei confronti degli enti che le hanno emesse.

Sarà quindi interessante comprendere taluni aspetti, non molto conosciuti, relativamente a “obblighi e testi normativi: sempre correttamente formulati, o gli enti preposti rischiano talora una brutta figura?”

I testi normativi, ovviamente, non vengono, quanto meno non completamente, elaborati dai politici. Sono soprattutto tecnici del diritto che, sulla base di indicazioni dei politici, provvedono e redigere il testo tentando di fare attenzione agli aspetti tecnici. Tentando di perseguire gli obiettivi indicati dai politici.

Questo significa, ad esempio, che se si prevedono obblighi o divieti, queste norme impositive sono del tutto inutili, se non si prevedono sanzioni in caso di loro inosservanza, o un meccanismo per applicarle.

In questi casi il comportamento da tenere viene prescritto da norme giuridiche, ma senza sanzioni, in caso di inosservanza.

È il caso delle sanzioni previste, ad esempio, in materia di violazione dei parametri finanziari europei.

La violazione dei parametri finanziari europei

Come noto, i trattati europei definiscono una serie di parametri, in materia di bilanci pubblici dei singoli stati membri dell’UE, che in caso di inosservanza danno luogo prima a richiami, poi a sanzioni finanziarie.

Tali parametri, o meglio la loro osservanza, sono stati sospesi a fronte della pandemia.

Ma, terminata la sospensione, tornerebbero nuovamente in vigore.

Ma, in caso di loro inosservanza, la sanzione sarebbe inevitabile?

Ebbene no. Non esiste nelle norme né la previsione di un meccanismo che renda esecutiva la sanzione, né, conseguentemente, l’indicazione di organi chiamati ad applicarla.

Ci troviamo quindi di fronte ad un caso di sanzione resa non obbligatoria.

Ma fin qui, possiamo dire che probabilmente queste norme sono espressione di un compromesso tra l’ingerenza di organismi sovranazionali, come l’UE, e la sovranità dei singoli stati. Prevedere una procedura esecutiva sulle sanzioni sarebbe stata probabilmente considerata una eccessiva ingerenza, non condivisibile dalla totalità o dalla maggioranza degli Stati membri.

Una vera e propria svista: l’attuale DPCM non prevede le sanzioni?

Ma un vero e proprio caso di probabile dimenticanza, con interessanti conseguenze sul piano giuridico, è quello che riguarda l’ultimo DPCM in materia di misure restrittive per il contenimento della pandemia.

In questo caso, possiamo parlare di una vera e propria omissione, sulla quale l’Italia, francamente, desta qualche perplessità. In primis l’esecutivo, ma anche i tecnici che dovevano sovrintendere all’elaborazione del testo normativo.

Non mi riferisco alla complessa serie di questioni giuridiche, che già ho trattato in altra occasione, relativa alla costituzionalità e legittimità, o meno, in quanto tale, dell’utilizzo di uno strumento come il DPCM.

Ma al fatto che in quest’ultimo provvedimento, a fronte di una pluralità di norme che prescrivono diverse imposizioni, mancano esplicite norme disciplinanti gli aspetti sanzionatori.

Come noto, dopo una serie di prescrizioni, vengono solitamente inserite delle norme che indicano quali sono le sanzioni per il caso di inosservanza, in un testo normativo.

Inizialmente, in verità, l’inosservanza per i primi DPCM emanati era penale. Riconduceva alla fattispecie di inosservanza di un provvedimento dell’autorità, come previsto e sanzionato dal codice penale.

Poi è intervenuta una depenalizzazione, ed anche l’inosservanza delle prescrizioni indicate nei DPCM è stata ricondotta alla tipologia degli illeciti amministrativi. Con conseguente applicazione della legge 689/1981.

In relazione all’ultimo DPCM si dà quindi, generalmente, per scontato che ci troviamo nella stessa situazione.

Ma, andando a verificare le norme, diversi osservatori hanno rilevato che manca un più chiaro riferimento agli aspetti sanzionatori.

Obblighi e testi normativi: quali sanzioni?

A fronte di tale rilievo è quindi sorto il dubbio se le sanzioni applicabili siano sempre quelle amministrative, applicate negli altri casi, oppure altre.

Le opinioni al riguardo sono diverse.

Sarebbe sicuramente stato opportuno che qualcuno, tra i tecnici o i politici, che si sono occupati del provvedimento, sottolineasse l’importanza di meglio definire tale aspetto.

Poteva bastare una semplice, esplicita indicazione che le inosservanze fossero sanzionate con la sanzione amministrativa pecuniaria, fissando il relativo importo edittale tra minimo e massimo della pena.

Invece, in questo modo, si potrebbe anche ritenere che sarebbe invece applicabile quell’art. 650 del codice penale, dianzi richiamato.

Infatti, in assenza di una più definita articolazione degli aspetti sanzionatori, la norma penale costituisce una regola di chiusura del sistema, valevole per tutti i casi in cui non sia stato diversamente previsto. In altri termini, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’art. 650 trova applicazione, in tutti i casi in cui non si applica una sanzione amministrativa.

Ma in questo caso?

Del resto, occorre valutare anche gli organi chiamati all’applicazione della normativa, amministrativi, come le Prefetture, o giudiziari, quali sono i Giudici di Pace. Essi non sono tenuti ad applicare uniformemente la normativa, secondo la diversa interpretazione, che vorrebbe invece necessariamente applicare il sistema sanzionatorio amministrativo.

Un chiarimento in tal senso è intervenuto dal Viminale, in persona del capo di gabinetto del ministero, Bruno Frattasi, che ha rilasciato la seguente nota.

«la norma cardine del sistema regolatorio delle misure di contenimento della diffusione del virus è e continua ad essere l’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n.19, poi divenuto legge il 22 maggio 2020. Alle condotte poste in essere in violazione delle misure stabilite dal Dpcm del 3 dicembre, si applicano le sanzioni previste dall’articolo 4 del decreto legge n. 19».

Ma si tratta, appunto, di una mera interpretazione sulla applicabilità di una determinata normativa, sia pur proveniente da autorevole fonte ministeriale.

E quindi certamente non di qualcosa di vincolante, né per i Prefetti, né per i giudici.

Anche da questi aspetti di incertezza normativa, o meglio, dalla loro gestione, può derivare un’immagine di precisione e serietà o di pressapochismo delle nostre autorità. Anche con probabili riflessi su altri aspetti. Come l’opinione che all’estero si fanno sulla nostra attendibilità e gli inevitabili riflessi su aspetti come il Recovery Plan.

Nel senso che se si scivola, o quanto meno non si ottimizza la gestione di questioni, come un migliore articolato di certe normative, poi è facile dubitare della gestione di aspetti probabilmente ancora più articolati e complessi, appunto come il Recovery Plan.

Ma probabilmente l’esecutivo, in questi giorni, ha ben altre gatte da pelare, come si usa dire in gergo, che occuparsi di aspetti giuridici, che si lasciano all’interpretazione degli operatori del diritto.

Anche perché, come richiamato qui, potrebbe anche darsi che il governo Conte non arrivi neppure a mangiare panettone e pandoro, come si usa dire secondo un certo linguaggio politico.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT

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