A ridosso dell’inizio della Fase 2, quella della riapertura, da un punto di vista economico molti sono ancora alla Fase 1. Nelle tasche degli italiani sono arrivati solamente 600 euro alle partite IVA, ma non a tutti. I prestiti sono riusciti ad ottenerli ad oggi, fine aprile, solo un paio di migliaia di imprenditori. La cassa integrazione in deroga stenta ad arrivare. E c’è una larga fascia della popolazione che fino adesso è stata totalmente ignorata dai decreti. Tutti coloro che non hanno partita IVA, che lavorano con prestazione occasionale o a nero, il popolo degli artigiani, degli ambulanti. Per questi il Governo sta pensando a un nuovo reddito di cittadinanza, che potrebbe essere rivisto.
Nuovo reddito di cittadinanza: così potrebbe essere rivisto
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Il Governo è molto preoccupato, i soldi non arrivano nelle tasche della maggioranza degli italiani e si avvicina la fase della fine del confinamento. Con il ritorno ad un minimo di vita normale, potrebbero scoppiare tensioni sociali per motivi economici. Il Governo ne è conscio e le malelingue dicono che il rientro graduale non è solo dovuto al rischio di una ricaduta, ma a quello più concreto che si inneschino rivolte in tutto il Paese nelle fasce più povere della popolazione. Si sussurra che al Governo stiano ritardando la riapertura per avere un po’ più di tempo per stanziare aiuti a fondo perduto a tutti.
Tra le soluzioni c’è l’estensione del reddito di cittadinanza allargato ad un’ampia fascia della popolazione. Ma per come è strutturato adesso spingerebbe chi lo percepisce a non cercare lavoro. Gli ultimi dati sull’occupazione sono impietosi. La disoccupazione a marzo è paradossalmente scesa, ma non perché ci siano più occupati, ma perché c’è meno gente alla ricerca di un lavoro. A conferma di questo fenomeno è il calo del dato dei nuovi occupati.
Come dare un sussidio economico senza disincentivare la ricerca di un lavoro?
Se qualcuno ha fame, non dargli un pesce, insegnagli a pescare. Il pensiero di Confucio può essere un principio ispiratore. Legare il sussidio economico a corsi di formazione o ad attività di pubblica utilità. Per esempio si potrebbe vincolare il reddito alla frequenza di corsi per acquisire competenze richieste nel mondo del lavoro. Oppure allo svolgimento di attività di pubblica utilità. Per esempio i comuni potrebbero servirsi di coloro che percepiscono il reddito di Cittadinanza per impiegarli in mansioni dove scarseggia il personale. Come manutenzione di parchi, giardini, attività di aiuto pratico alle fasce più deboli della popolazione, ecc.
Impegnando nell’arco della giornata chi percepisce il reddito di cittadinanza si otterrebbe un duplice scopo. Da una parte fare sentire utile chi ne usufruisce, dall’altra evitare che svolga una attività a nero. Chi deve seguire un corso o deve prestare opera socialmente utile, non ha il tempo per svolgere un’altra mansione.