Novità Opzione Donna, ecco come potrebbe diventare la pensione anticipata per le donne

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Novità in arrivo per Opzione Donna e per la pensione anticipata contributiva per le lavoratrici. Addio alle tante e forse troppe polemiche che hanno accompagnato Opzione Donna nel 2023, per via del “particolare” rinnovo della misura prodotto dalla prima Legge di Bilancio del Governo Meloni lo scorso gennaio.

Al momento nulla è ancora certo, ma il fatto che si ragiona sui correttivi alla misura, lascia intendere che anche se in scadenza il 31 dicembre prossimo, il regime agevolato sperimentale e contributivo per le donne lavoratrici dovrebbe essere parte integrante della Legge di Bilancio 2024.

Novità Opzione Donna, ecco come potrebbe diventare la pensione anticipata per le donne

Due sono le strade che il Governo potrebbe adottare per Opzione Donna nel 2024. E sono entrambe strade che portano ad un miglioramento della situazione rispetto alla misura di oggi. Infatti quasi a voler correggere la misura, la via del compromesso è fondamentale. Un compromesso che anche se verrà innalzata l’età di uscita a partire dalla quale la misura diventa fruibile, eliminerà le problematiche di quest’anno. La distinzione delle beneficiarie in base ai figli avuti nella loro vita e la riduzione a disabili, caregivers, licenziate e addette di aziende con tavoli di crisi avviati, come platea, deve essere eliminata. Si tratta dei motivi di critica che il rinnovo della misura nel 2023 ha subito.

Il ritorno alla misura del passato sembra comunque improponibile visto che lasciare uscire le dipendenti a 58 anni e le autonome a 59, tutte con 35 anni di contributi, diventa sempre più oneroso. Nonostante il ricalcolo contributivo che taglia gli assegni, sono sempre meno le lavoratrici che ci rimettono tanto di pensione (in linea di massima anche il 35% di assegno). Sempre meno sono le lavoratrici che avrebbero diritto ad una pensione più retributiva che contributiva (quelle con più di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995). E la misura diventa sempre più appetibile. Una cosa che lo Stato non potrebbe permettersi.

Le due vie per riformare

Opzione Donna a partire dai 60 anni di età, senza distinzioni di platea potrebbe essere una soluzione. Usiamo il condizionale perché al momento parliamo solo di ipotesi e nulla è certo. Ma non c’è solo questa strada, perché si parla anche di APE rosa. In pratica si parla di rendere Opzione Donna una misura di accompagnamento alla pensione, come lo è oggi l’APE sociale. Le lavoratrici potrebbero lasciare il lavoro a 60 anni (o anche con qualche anno in più), ricevendo una indennità pari alla pensione contributiva maturata, ma solo fino ai 67 anni di età. In quel caso l’APE rosa cesserebbe e la diretta interessata dovrebbe presentare nuova domanda di pensione, stavolta per quella di vecchiaia, con assegno giustamente ricalcolato alla luce del sistema misto per chi ne ha diritto. E sarebbe una via evidentemente vantaggiosa che consentirebbe alle lavoratrici di rimetterci solo per qualche anno.

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