Viviamo costantemente con il mito della felicità come fine ultimo. Quel senso di incompletezza e insoddisfazione tende in continuazione verso una pienezza ideale che sembra sempre un miraggio irraggiungibile. Anche quando le cose per noi vanno bene e tutti i pezzi del nostro puzzle sembrano completarsi, anche in quel caso c’è e ci sarà sempre un punto di disequilibrio che ci farà vedere l’altrui felicità, allontanando la nostra. Siamo però sicuri che il fine ultimo delle nostre azioni debba essere la felicità? Citando un testo poetico di un autore contemporaneo:
Una follia sarìa pe’ mia/ esta felicità; /esta completezza/ esta pienezza/ è essa stessa el me cappio,/ la me desperazione:/jé cerco la frantumazione/ l’instabilità je la vojo […] / jé perseguo ecco la caduta/ e lo schianto (Greco F, Ragli, Aguaplano Editore 2019)
Siamo sicuri che senza perseguire quel mito impalpabile, non possiamo essere totalmente e consapevolmente soddisfatti? Non tutti sono consapevoli che è questa la via per vivere una vita piena e appagante e, secondo uno studio pubblicato da poco, non passa dalla felicità.
Chiedimi se sono felice
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Un titolo diventato proverbiale o una massima diventata titolo? Non ha importanza. È uno dei film meglio riusciti del trio, Aldo, Giovanni e Giacomo, una commedia di una leggerezza e di una profondità disarmanti. Senza entrare nei dettagli della trama, qui vogliamo sottolineare come i personaggi principali del film cerchino un’evasione dalla loro routine attraverso una messa in scena teatrale (il Cirano di Bergerac). L’affrancarsi dalla propria condizione quotidiana passa attraverso l’arte, in un piano all’apparenza più soddisfacente e stimolante.
In un articolo precedente avevamo suggerito delle azioni quotidiane che potrebbe essere il segreto per essere felici. Questo però non può bastare. Così come non possono bastare le sane abitudini che ci possono rendere felici. La felicità è un’illusione che ci può venire a noia.
Non tutti sono consapevoli che è questa la via per vivere una vita piena e appagante
In un articolo pubblicato su una rivista scientifica dell’American Psichological Association (Oishi S and Westgate EC, 2021), gli studiosi hanno indagato quali siano gli aspetti per rendere una vita appagante. Hanno evidenziato che una vita psicologicamente ricca è, talvolta, più importante di una vita felice. Chi vive una vita psicologicamente ricca e variegata riesce ad avere prospettive nuove e sempre interessanti.
È come guardare in un caleidoscopio: è pur sempre un tubo con dei pezzi di carta. Chi però sa guardare dalla giusta angolatura ci vede una cascata di forme e colori. Chi ha una vita psicologicamente ricca riesce a trovare stimoli e prospettive inedite e per questo sospese in un’azione continua in avanti. Questa propensione al nuovo può portare ad esperienze anche negative o a emozioni spiacevoli. Questa è la vera differenza con quella che definiamo felicità: statica, indeterminata, monca.
I ricercatori sottolineano come, trasferirsi all’estero, cambiare carriera o immergersi in un’arte stimolante siano tre esempi del tipo di ricchezza psicologica che i partecipanti allo studio stavano cercando.
La ricchezza psicologica non opera in modo indipendente dalla felicità o dal significato, ma è una parte fondamentale del nostro benessere. Dobbiamo prendercene cura.