La fine del matrimonio rappresenta un momento molto complicato nella vita delle persone. È infatti necessario riorganizzare le proprie abitudini di vita, la propria casa e i propri spazi. Per non parlare delle conseguenze emotive che tutto ciò comporta. In tale ipotesi, sarebbe importante gestire la situazione in modo maturo e cordiale, soprattutto se ci sono anche i figli a subirne le conseguenze. Tra i tanti aspetti da gestire non è da sottovalutare quello economico.
Il principio di solidarietà reciproca sancito dall’art. 2 della Costituzione produce i suoi effetti anche nell’ambito del matrimonio. Questo impone infatti che, al ricorrere di determinati presupposti, l’ex coniuge economicamente più forte sia tenuto a versare una somma di denaro all’ex coniuge bisognoso. I requisiti che guidano il giudice nel disporre tale obbligo sono indicati al comma 6 dell’art. 5 della legge sul divorzio. La Corte di Cassazione, nel corso degli anni, ha operato una interpretazione evolutiva di questi presupposti, per stare al passo con i mutamenti sociali.
I presupposti per la quantificazione dell’assegno divorzile
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La legge sul divorzio stabilisce che il giudice, con la sentenza con cui sancisce lo scioglimento del matrimonio, può anche disporre l’obbligo a carico di uno dei due coniugi di versare una somma a beneficio dell’altro. Dobbiamo allora chiederci quando spetta l’assegno divorzile all’ex moglie o all’ex marito, anche alla luce del nuovo presupposto da tenere in considerazione nel calcolo dell’importo. I presupposti da tenere in considerazione sono le condizioni dei coniugi e le ragioni della decisione. È poi importante valutare il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla condizione familiare.
Infatti, l’assegno divorzile non ha solo una funzione assistenziale, ma ha anche una funzione compensativa. Va inoltre valutato il contributo dato in relazione alla formazione del patrimonio familiare e il reddito personale dei coniugi. Questi elementi vanno valutati anche in rapporto alla durata del matrimonio.
Non solo assegno di mantenimento e casa familiare, ma in questi casi all’ex moglie spetta anche quest’altra ingente somma di denaro periodica
I giudici della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35710 del 2021, hanno affermato un importante principio in relazione al requisito della potenzialità professionale e reddituale alla fine del matrimonio. In particolare, hanno stabilito che i giudici delle Corti territoriali devono valutare in concreto questo presupposto. Ciò significa che non devono basarsi, ad esempio, sulle astratte potenzialità che derivano dal titolo di studio posseduto dal coniuge in difficoltà. Ma devono valutare, in concreto, il contesto sociale e lavorativo che connota la vita del coniuge. Se il contesto risulta avverso, il giudice dovrà necessariamente tenerne conto e dovrà assegnare all’ex moglie non solo assegno di mantenimento e casa, ma anche questo ulteriore contributo.
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