È sempre molto delicato il problema di bilanciare il diritto al lavoro della persona disabile con il diritto alla gestione aziendale del datore di lavoro. L’articolo 2 del Decreto legislativo 216 del 2003 vieta qualunque tipo di discriminazione, diretta e indiretta, dei lavoratori disabili. Anche la normativa europea prevede il dovere del datore di lavoro di prendere tutti quegli accomodamenti ragionevoli per garantire l’uguaglianza delle persone con disabilità.
Insomma, il datore di lavoro ha l’obbligo di tenere ben presente la situazione di svantaggio del lavoratore disabile. E per farlo deve adottare tutte quelle soluzioni ragionevoli volte ad evitare forme di discriminazione dirette e indirette che escludano il dipendente dall’attività lavorativa. Il Tribunale di Vicenza, con la sentenza 181 del 2022, affronta un caso molto interessante. Si trattava di una lavoratrice con una riduzione permanente della capacità lavorativa del 35% accertata dall’INPS.
Non si salva dal licenziamento il lavoratore con disabilità della Legge 104 che tiene questo comportamento scorretto nei confronti del datore di lavoro
Indice dei contenuti
La lavoratrice era portatrice di handicap in base alla Legge 104. Sostanzialmente la donna si vedeva licenziare dal datore di lavoro perché aveva superato i giorni di comporto. La lavoratrice sosteneva che i 151 giorni di assenza aggiuntivi rispetto al limite legale dipendevano dalla sua malattia. Dunque, il datore di lavoro non doveva licenziarla ma escludere dal comporto i giorni di assenza causati dalla malattia che le causa la situazione di invalidità. La lavoratrice riteneva che, invece, il licenziamento fosse del tutto discriminatorio e motivato della sua situazione di disabilità. Chiedeva al giudice, allora, l’annullamento del licenziamento, la riassunzione e il risarcimento del danno.
Il Tribunale ha spiegato che in questi casi non si salva dal licenziamento il dipendente con disabilità da Legge 104. In particolare, quando il datore di lavoro si è comportato correttamente nei suoi confronti. Infatti, la legge non prevede una tutela assoluta per i soggetti disabili perché è necessario garantire anche al datore di lavoro prestazioni lavorative utili all’azienda. Secondo la giurisprudenza i Contratti Collettivi già prevedono un periodo di comporto importante pari a 365 giorni. Tra questi giorni non si calcolano, tra l’altro, i ricoveri all’ospedale e le viste mediche determinate da patologie gravi.
Le spiegazioni del Tribunale
In più non esiste un dovere del datore di lavoro di scomputare, dal periodo di comporto, le assenze causate dallo stato di disabilità del lavoratore. Il giudice spiega che anche dove esistesse quest’obbligo sarebbe il dipendente a dover indicare precisamente quali siano le assenze motivate dalla sua disabilità.
Questo per permettere al datore di lavoro di controllare quanto sostenuto dal dipendente. La lavoratrice non ha compiuto alcuna comunicazione nei confronti del datore di lavoro ma si è lamentata solo successivamente al licenziamento. Il Tribunale ha, dunque, ritenuto il licenziamento per superamento del periodo di comporto del tutto legittimo.
Approfondimento