Nell’ambito degli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, ovvero dei meccanismi stragiudiziali preordinati a deflazionare il contenzioso giudiziario, è previsto l’arbitrato, disciplinato dagli art. 806 c.p.c. e ss., nelle sue diverse tipizzazioni (arbitrato rituale e irrituale).
È principio consolidato nell’ordinamento italiano e affermato nella giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. ex multis: Ordinanza 6 novembre 2015 n. 22748 della Sesta Sezione), quello secondo cui il fondamento dell’arbitrato è da rinvenirsi nella libera scelta delle parti.
L’autonomia contrattuale, di cui all’art. 1322 c.c., dispiega i suoi effetti non solo in molteplici settori del diritto civile (commerciale, societario, bancario, di famiglia ecc…), ma anche in quelli afferenti alle ADR, tra le quali, appunto, si annovera l’istituto dell’arbitrato.
Non rilevabilità d’ufficio della competenza arbitrale, in caso di controversia oggetto di clausola compromissoria per arbitrato estero e sussistenza della giurisdizione del Giudice italiano.
Studiamo il caso.
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Muovendo da tali premesse, l’Organo di Nomofilachia ha escluso la possibilità di individuare la fonte dell’arbitrato in una volontà autoritativa, attribuendo alla norma di cui all’art. 806 c.p.c. il carattere di principio generale, costituzionalmente garantito, dell’intero ordinamento, avente la sua ratio nella libera scelta delle parti, la quale consente di derogare al precetto costituzionale di cui all’art. 102 Cost.
In relazione ad ulteriore ma connesso profilo, secondo la Suprema Corte, deve necessariamente riconoscersi che le parti, così come sono libere di devolvere la controversia ad arbitri, possono scegliere di sottoporla al giudice ordinario, non solo espressamente, mediante un accordo uguale e contrario a quello raggiunto con il compromesso, ma anche tacitamente, adottando condotte processuali convergenti verso l’esclusione della competenza arbitrale. Su tali presupposti, le Sezioni Unite della Suprema Corte, con sentenza N. 17244 del 2022, hanno affermato il principio della non rilevabilità d’ufficio dell’incompetenza del giudice ordinario, la cui dichiarazione resta, quindi, subordinata alla proposizione della relativa eccezione da parte del convenuto.
Considerazioni, quelle rese dall’Organo di Nomofilachia, valevoli sia nell’ipotesi di fattispecie di arbitrato nazionale, sia in quella di arbitrato estero, posto che il carattere volontario dell’arbitrato prescinde dalla nazionalità.
Non rilevabilità d’ufficio della competenza arbitrale
Per tale via, con la sentenza n. 17244 del 2022, le Sezioni Unite della Cassazione hanno accolto i primi cinque motivi del ricorso per Cassazione, proposto in via principale da una società italiana contro altra società algerina, dichiarando la giurisdizione del Giudice italiano anche sul rapporto contrattuale tra le due società.
Segnatamente, L’Organo di Nomofilachia ha accolto i primi cinque motivi del ricorso principale, riguardanti, appunto, la questione di giurisdizione, risolta dai Giudici d’appello nel senso della sottrazione al Giudice italiano del rapporto contrattuale intercorrente tra le parti in causa, per essere la relativa controversia oggetto di clausola compromissoria per arbitrato estero. Clausola, questa, richiamata da un articolo del contratto di compravendita stipulato dalle società.
Il profilo sul quale i motivi di ricorso per Cassazione risultano fondati, secondo le Sezioni Unite, è quello vertente sul richiamo officioso e non di parte (rimasta, peraltro, contumace) a tale clausola officiosa.
L’iter logico argomentativo contenuto nella motivazione della sentenza si basa su un’interpretazione sistematica dell’art. 11 della Legge di diritto internazionale privato n. 218 del 1998 e dell’art. 2, comma 3, della Convenzione di New York del 10 giugno 1958, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 19 gennaio 1968 n. 62.
In particolare, secondo i Giudici del Diritto, la generica previsione della disposizione di cui all’art. 11 della Legge n. 218 del 1998, secondo cui il difetto di giurisdizione del giudice nazionale “ È rilevato d’ ufficio.. Se il convenuto è contumace”, non contiene uno specifico riferimento all’ipotesi in cui il difetto di giurisdizione riposi su di una convenzione di arbitrato estero, tra le parti. Si pone, pertanto, la questione interpretativa avente ad oggetto la portata applicativa della norma de quo, ovvero se essa contenga o meno anche tale ipotesi.
Quaestio iuris risolta dalle Sezioni Unite in senso negativo, invocando la disposizione di cui all’art. 2, comma 3 della Convenzione di New York per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere. Secondo la lettera di tale disposizione normativa, infatti, il rinvio delle parti davanti agli arbitri, per effetto di una convenzione arbitrale, può essere disposto dal Giudice solo a richiesta di una delle parti stesse.
Tale norma, inoltre, è espressamente riferita sia agli arbitrati nazionali che esteri e risulta conforme al principio per cui il fondamento di qualsiasi arbitrato è da rinvenirsi nella libera scelta delle parti.
L’autonomia contrattuale, pilastro dell’Ordinamento giuridico italiano e dello ius in itinere è contemplata anche dalle Convenzioni di diritto internazionale, in particolare dal richiamato art. 2 della Convenzione di New York ed assurge a principio di rango sovranazionale, idoneo a colmare le lacune del Legislatore del diritto internazionale privato ed a ricomporre questioni di giurisdizione.
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