Partire in vacanza all’estero o fare un viaggio o un’esperienza di qualche mese sono sempre dei buoni motivi di crescita. Gli italiani sono sempre stati dei viaggiatori ed essi stessi dei migranti, per cause più o meno forzate.
La più grande ondata di flusso migratorio verso l’estero avvenne nel primo dopoguerra. Per cause di povertà e mancanza di lavoro molti italiani scelsero di lasciare la loro terra per approdare in paesi del nord Europa, specialmente in Germania, Francia e addirittura oltreoceano.
Non è raro negli States sentir parlare degli italiani come “coloro che hanno costruito New York“.
Numerosi sono i clichès associati alla nostra terra e alle buone e cattive qualità che abbiamo esportato.
Come mai ci si trova a scegliere di partire nonostante si abiti in un bel Paese
Ovviamente l’Italia con tutti i suoi guai, è un Paese dove si vive ancora bene e che offre una bellezza paesaggistica e artistica che non conosce uguali.
Perché allora molti scelgono di andarsene, abbracciando numerose difficoltà, sia pratiche che affettive? Cosa spinge dei giovani a crearsi una nuova vita in un Paese vicino, o lontano che sia, preferendo un altro sistema economico, sociale e culturale? Non immaginiamo neanche quanti sono i giovani italiani che partono per l’estero.
Il motivo principale è materiale: il lavoro. Ma non il lavoretto in sè o l’attività lavorativa, ma il modo di lavorare, il sistema e la capacità di creare stabilità.
La parola che ne consegue è futuro. Sempre di più si parla di vivere nel “qui e ora” ringraziando già per quello che si ha, ma se le prospettive sono in discesa, come si può stare fermi nel presente?
Non immaginiamo neanche quanti sono i giovani italiani che partono per l’estero
Il numero di italiani trasferiti all’estero è aumentato fino a toccare la cifra di 899.000 a gennaio 2021.
Il picco è avvenuto nel 2018 per i nuovi residenti italiani nel Regno Unito (+49%).
La mancanza di politiche di sviluppo e sostegno per i giovani, come la creazione di più posti lavoro fissi ha spaccato il Paese. Soprattutto quando nei vicini Paesi europei si propone un’offerta lavorativa stabile.
Nonostante le prospettive migliori, le difficoltà sono veramente tante. La lingua è il peso minore; la cultura, l’inserimento sociale, la discriminazione sono degli ostacoli che non tutti superano.
Secondo dati Istat nei prossimi 30 anni l’Italia potrebbe vedere un flusso migratorio tra i 2 e 10 milioni di abitanti. Considerando la fascia dai 24 ai 35 come la più migrante, la popolazione anziana aumenterebbe di 6 milioni. Ci chiediamo quindi quale sia quindi il futuro di questo Paese.