Dopo l’Alzheimer, il Parkinson è la seconda malattia degenerativa del sistema nervoso più comune. Purtroppo ad oggi non esiste una cura.
Grazie a un recente studio, tuttavia, c’è una buona notizia: non i farmaci ma anche solo poche ore alla settimana di queste attività fisiche potrebbero aiutare a rallentare il Parkinson. Ecco cos’hanno scoperto i ricercatori.
Lo studio dell’Università di Kyoto
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Il morbo di Parkinson è una malattia neurodegenerativa con una progressione lenta ma inesorabile. È anche piuttosto comune: colpisce circa l’1% delle persone sopra i 65 anni e il 10% delle persone sopra gli 80 anni.
Purtroppo non esiste una soluzione per fermare il Parkinson. I trattamenti farmacologici o chirurgici possono aiutare solo nella gestione dei sintomi, senza però rallentare la progressione del morbo.
Tuttavia, uno spiraglio di speranza verrebbe dal recente studio condotto dal Dott. Kazuto Tsukita, dell’Università di Kyoto (Giappone). La ricerca suggerisce infatti che qualche ora di attività fisica ogni settimana potrebbe contribuire a rallentare la malattia di Parkinson. Ma di quale tipo di movimento si tratta? E quanto deve essere frequente?
Non i farmaci ma anche solo poche ore alla settimana di queste attività fisiche potrebbero aiutare a rallentare il Parkinson
Gli esperti, guidati dal Dott. Tsukita, hanno seguito per un massimo di 6 anni ben 237 persone con morbo di Parkinson allo stadio iniziale. In particolare, il team ha osservato il livello di attività fisica dei pazienti.
Quel che è emerso è che non conta quanto movimento i pazienti facevano prima di ammalarsi. È infatti più importante essere costanti nel praticare attività fisica dopo l’insorgere dei sintomi.
Questa è un’ottima notizia, secondo l’autore dello studio: significherebbe che per i pazienti affetti da morbo di Parkinson non è mai troppo tardi per iniziare a muoversi e rallentare la progressione della malattia.
I ricercatori hanno anche osservato che è sufficiente uno sforzo moderato: per esempio basta camminare, curare il giardino o fare le faccende domestiche.
Fra i partecipanti allo studio, quelli che facevano quattro o più ore a settimana di attività fisica perlomeno moderata avevano un decorso più lento rispetto ai pazienti meno attivi. In particolare, il calo era meno drastico e repentino nell’ambito dell’equilibrio e della capacità di camminare. Inoltre, sono state osservate delle differenze nella velocità di elaborazione mentale.
Oltre che sul movimento, gli scienziati si stanno concentrando anche sull’importanza dell’alimentazione per la prevenzione del morbo di Parkinson. Ci sarebbero dunque studi sugli alimenti che fanno male al cervello. O, al contrario, sui nutrienti che potrebbero avere un ruolo protettivo: per esempio, una spezia sta dando risultati promettenti. Ma la strada è ancora lunga e sono necessari ulteriori studi.
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