Meglio conoscere a fondo i propri diritti per non dover mandar giù delle pillole amare. E ancor più importante è sapere come tutelare i propri risparmi in caso di contrasti insanabili con il coniuge. I rischi maggiori riguardano per lo più le coppie che decidono di cointestare la proprietà del denaro in deposito presso un istituto di credito. E i nostri consulenti hanno già spiegato quando il coniuge può prelevare tutti i soldi dal conto cointestato. Sarebbe infatti opportuno informarsi sulla normativa vigente e capire quali sono i margini di azione dei cointestatari. E ciò anzitutto quando ciascun titolare può effettuare operazioni bancarie in piena autonomia. Al contrario, l’apertura di un conto con firma congiunta presuppone che anche l’altro cointestatario autorizzi il prelievo del denaro. Ma in caso di conto corrente cointestato a firma disgiunta si possono prelevare tutti i soldi?
E se dovessero sorgere conflitti tra i coniugi l’uno dei due avrebbe libertà di sottrarre importanti somme dal deposito? Di sicuro non conta la comunione dei beni perché la moglie perde comunque questi soldi sul conto bancario. E lo stesso vale in caso di risparmi in deposito su un libretto postale. Come anche sarebbe saggio aggiornarsi e fare attenzione alla nuova sentenza che autorizza a prelevare tutta la giacenza dal conto cointestato in questi casi. Non è semplice infatti districarsi nella giungla di norme e restrizioni relative alla titolarità del denaro nelle coppie. E la situazione si complica ancor più quando si dovesse approdare alla fine del matrimonio. Nell’eventualità di separazione o di divorzio sono diverse le disposizioni legislative in merito.
Non conta la comunione dei beni perché la moglie perde comunque questi soldi sul conto bancario
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Al momento di convolare a nozze i due coniugi sono chiamati a decidere tra due regimi patrimoniali differenti. In assenza di un’esplicita richiesta, il contratto matrimoniale prevede la condivisione dei beni. Pur tuttavia vi sono alcune circostanze che rendono l’uno o l’altro coniuge proprietario esclusivo del patrimonio mobile. Vi sono, infatti, nuclei familiari in cui la giacenza sul conto bancario o postale deriva unicamente dai proventi del lavoro di un solo coniuge. Potrebbe pertanto essere soltanto la moglie o il marito ad avere un impiego con retribuzione e ad accreditarla sul conto.
In simili evenienze, soltanto il coniuge che produce redditi da lavoro risulta titolare delle somme in deposito. E ciò è valido anche per le coppie che hanno optato per la comunione dei beni. Anche in questo caso infatti secondo il dettato legislativo dell’articolo 177 del codice civile il coniuge che non produce reddito non ha alcun diritto sulle giacenze bancarie. Solo nell’eventualità di separazione e in presenza di comunione dei beni le somme in deposito dovranno essere spartite al 50%. Ma potrebbe anche accadere che il coniuge che lavora ed è titolare dei risparmi spenda il denaro per sé. E ciò ovviamente rappresenterebbe per l’altro coniuge una perdita economica di non poco conto.