Un meccanismo che molti considerano subdolo è quello che collega le pensioni all’aumento della vita media degli italiani. L’aspettativa di vita in base ai dati ISTAT, è un fattore che negli anni ha determinato un incremento dei requisiti di accesso agli assegni di quiescenza. Questi incrementi, però, per il 2022 non riguardano tutti e sarà lo stesso nel 2023. Infatti, per determinati soggetti sia la pensione di vecchiaia che quella anticipata restano con i vecchi requisiti.
Non a 67 anni ma a 66 anni e 7 mesi e assegno più alto per queste pensioni INPS 2022
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Nel 2022 la pensione di vecchiaia si completa una volta maturati 20 anni di contributi versati e 67 anni di età. L’ultimo incremento per l’aspettativa di vita in base ai dati ISTAT ha aumentato di 5 mesi l’età pensionabile. Si è passati così da 66 anni e 7 mesi a 67 anni. L’aspettativa di vita è un meccanismo introdotto già con la riforma Dini del 1996. Con la riforma Fornero il meccanismo è stato ritoccato e probabilmente inasprito. Ma l’incremento di 5 mesi non è toccato a tutti. Infatti, non mancano i soggetti salvaguardati. Per esempio, le pensioni anticipate non sono state adeguate e sono rimaste anche per il 2022 con le vecchie soglie.
Andranno in pensione anticipata tutti i lavoratori che hanno completato 42 anni e 10 mesi di contributi versati a prescindere dall’età. È rimasto inalterato anche il requisito di vantaggio per le donne lavoratrici che possono centrare la pensione anticipata con 41 anni 10 mesi di contributi. Anche le pensioni di vecchiaia per qualcuno sono rimaste agli stessi livelli di prima, cioè prima che si applicasse l’ultimo scatto relativo alla stima di vita della popolazione.
Chi può accedere 5 mesi prima con i vecchi requisiti
Nel 2022 ed anche nel 2023 potranno andare in pensione di vecchiaia con 66 anni e 7 mesi alcuni lavoratori che rientrano in questa salvaguardia. Rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria con requisiti adeguati alla stima di vita però, cambia il requisito contributivo.
Infatti, serviranno non 20 anni di contributi come per la pensione di vecchiaia ordinaria, ma 30 anni di contributi. Non a 67 anni ma a 66 anni e 7 mesi quindi, ma a condizione che si rientri nelle categorie previste per questa forma di salvaguardia.
Cinque mesi di età in meno quindi, ma dieci anni di contributi in più. E questo determina un inevitabile incremento dell’assegno previdenziale incassato. Infatti i 10 anni di contributi in più versati incidono e non poco sulla pensione che sale di almeno il 33%. La facoltà di uscire cinque mesi prima riguarda coloro i quali hanno svolto in 7 degli ultimi 10 anni o in 6 degli ultimi 7 una delle 15 attività di lavoro gravoso previste dall’ordinamento.
Si tratta delle 15 vecchie categorie inserite per l’APE sociale e la Quota 41 prima della modifica 2022. Infatti solo per l’APE sociale i lavori gravosi dal primo gennaio 2022 sono diventati molti di più. La salvaguardia di 5 mesi non si applica ai lavoratori appartenenti alle categorie di fresco inserimento per l’APE sociale.
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