Si parla spesso della possibilità di andare in pensione a 67 anni con almeno 20 anni di contributi. Questa formula interessa spesso i cosiddetti “contributivi puri”, ossia i lavoratori che hanno una storia contributiva successiva al 31 dicembre 1995. A questi ultimi si applica il sistema di calcolo contributivo per l’assegnazione della pensione e non quello retributivo o misto. Ebbene, il raggiungimento dei soli due requisiti, anagrafico e contributivo, è sufficiente per andare in pensione a 67 anni? Attenzione perché ci sono altri aspetti da considerare e prendere in esame per non ritardare ulteriormente il collocamento in quiescenza.
Qual è il terzo requisito fondamentale?
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Niente pensione INPS a 67 anni per chi non supera questo importo nell’assegno mensile da ricevere sul conto corrente. Le regole per accedere alla pensione di vecchiaia contributiva non si limitano a fissare un requisito anagrafico, 67 anni, e uno contributivo, ossia 20 anni minimo. Difatti, chi decide di optare per tale soluzione deve necessariamente, congiuntamente ai requisiti presentati, presentare un importo minimo di assegno.
In buona sostanza, la pensione di vecchiaia arriva a 67 anni e 20 anni di contributi solo se l’importo dell’assegno supera di 1,5 volte l’assegno sociale. Questo terzo requisito è da tenere in considerazione per non rischiare di perdere il diritto. Tali condizioni, come precisa il decreto MEF del 5 novembre 2019, si conservano invariate fino al 2022.
Niente pensione INPS a 67 anni per chi non supera questo importo nell’assegno mensile da ricevere sul conto corrente
Questo importante dato fa capire che la pensione di vecchiaia contributiva non è per tutti. Immaginiamo, ad esempio, chi ha svolto un lavoro part-time o ad orario ridotto. In questo caso il calcolo dell’assegno riveste un’importanza rilevante. Nel 2021 il valore dell’assegno sociale corrisponde a 460,28 euro mensili. Proviamo ora a moltiplicare tale importo per 1,5 volte, come prevede la regola. Risulta che si può andare in pensione a 67 anni e 20 di contributi solo se l’importo mensile dell’assegno è di almeno 690,42 euro. Questo significa che il contribuente deve percepire all’anno un assegno minimo di 8.975,46 euro. Laddove non si dovesse rientrare nei requisiti, si dovrà aspettare altri quattro anni per la pensione di vecchiaia che arriverebbe a 71 anni.
Come sappiamo, il coefficiente di trasformazione che si applica in questi calcoli corrisponde al 5,575% sul montante dei contributi. Questo significa che il lavoratore che intende accedere alla pensione di vecchiaia contributiva dovrà aver accantonato almeno 160.994 euro nel corso dei 20 anni lavorativi. Una media di poco più di 8.000 euro all’anno. Soltanto coloro che rientrano in questa fascia di contribuenti potranno dunque beneficiare di una simile forma di collocamento in quiescenza. In caso contrario, niente pensione INPS a 67 anni per chi non supera questo importo nell’assegno mensile da ricevere sul conto corrente. In tal caso, si dovrà attendere il 71° anno di età per non tener conto dell’assegno minimo.
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