Una delle cause per cui il rapporto di lavoro può finire è costituita dal licenziamento. Questo è un atto tipico con cui il capo chiude, in modo unilaterale, il contratto di lavoro. Esistono vari tipi di licenziamento, uno dei più problematici storicamente è sicuramente stato quello per giusta causa. L’articolo 2119 del codice civile spiega che ciascuna delle parti di un contratto di lavoro può chiuderlo prima del termine. In particolare, quando si verifichi una causa che non ne consente la prosecuzione. Abbiamo un tipo di licenziamento che si giustifica, normalmente, perché il lavoratore è gravemente inadempiente rispetto agli obblighi derivanti dal contratto o dalla legge.
Quello che caratterizza questo tipo di licenziamento è la sua immediatezza. Nel senso che non è necessario il preavviso e il dipendente può essere allontanato subito. Quello che è, invece, obbligatorio per il datore di lavoro è compiere una corretta e completa attività di accertamento dei fatti. Questo al fine di essere sicuro che i fatti addebitati al dipendente si siano effettivamente verificati e siano gravi.
Il licenziamento per giusta causa
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Il licenziamento per giusta causa presuppone il venir meno del rapporto di fiducia tra datore e dipendente. Allo stesso modo, il licenziamento per giusta causa deve rispettare il principio di proporzionalità. Se, ad esempio, il lavoratore ha violato i suoi obblighi contrattuali o di legge, ma non in modo grave, potrà essere sanzionato ma non licenziato. Dunque, niente licenziamento per il lavoratore inadempiente rispetto i suoi obblighi contrattuali, ma non in maniera grave.
La Corte di Cassazione ha ribadito questo principio in una recente sentenza 1315 del 2017. I giudici si sono occupati più volte di casi di licenziamenti ingiusti. Ad esempio, hanno affermato che, prima di licenziare, il datore ha il dovere di sentire il dipendente e accertarsi dei fatti accaduti, altrimenti il licenziamento è illegittimo. Anche in questo caso la Cassazione ha deciso per l’illegittimità del licenziamento. Si trattava di un dipendente che aveva discusso con toni animati con il suo responsabile. Aveva, però, poi svolto l’attività da lui richiesta.
Niente licenziamento per il lavoratore che tiene questo comportamento comune
L’azienda aveva, comunque, valutato che l’atteggiamento del dipendente violasse i suoi obblighi contrattuali e che avesse spezzato il rapporto di fiducia tra lui e il suo capo. Dunque, procedeva al licenziamento per giusta causa. Secondo la Cassazione la scelta del licenziamento costituiva una sanzione troppo severa e, quindi, sproporzionata rispetto alla condotta del dipendente. E per queste ragioni, da annullare. Dunque, attenzione al licenziamento per giusta causa. Il datore di lavoro, per evitare l’annullamento del licenziamento e il risarcimento al dipendente, deve essere sicuro della gravità del suo comportamento. Deve anche accertarsi di aver compiuto una completa istruttoria riguardo i fatti accaduti, altrimenti rischia di vedere il licenziamento annullato dal giudice.
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