Niente aumento di pensione per questi pensionati che decidono di lavorare e la motivazione è sorprendente

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Se non per rare misure, le norme che vietavano di cumulare i redditi da pensione con quelli da lavoro sussistono ancora per chi si pensiona con la Quota 102, la Quota 100 o la Quota 41. Ma sono limitate fino al raggiungimento dei 67 anni o di un certo numero di contributi (per la Quota 41). Questo ha dato il via a un rifiorire di attività dopo il pensionamento. Sono moltissimi, infatti, i lavoratori che decidono di intraprendere lavori dopo la quiescenza.

E la motivazione, nella maggior parte dei casi, è che l’importo della pensione è troppo basso. Il lavoro dopo la pensione, quindi, ha il duplice scopo di portare redditi in famiglia e di alzare l’assegno di pensione. Perchè per chi versa contributi dopo il pensionamento vi è la possibilità di richiedere il cosiddetto supplemento di pensione. O, in alcuni casi, di una pensione supplementare. Ma niente aumento di pensione per questi pensionati se si rioccupano dopo la quiescenza.

Le differenze

La pensione supplementare permette al pensionato di far valere la contribuzione accreditata in una gestione diversa. E che non ha permesso di perfezionare una pensione autonoma. Quindi, si tratta di contribuzione versata prima del pensionamento, o anche dopo.

Il supplemento di pensione, invece, è una integrazione all’assegno di una pensione già liquidata. E tale integrazione nasce dai contributi versati dopo il pensionamento. Il supplemento, quindi, prende in considerazione solo i contributi versati dopo la liquidazione della pensione. Solitamente, infatti, i pensionati che si rioccupano lo fanno solo per un breve periodo. E difficilmente maturano un diritto autonomo alla pensione. Ma il supplemento di pensione non è previsto da tutte le gestioni previdenziali.

Niente aumento di pensione per questi pensionati che decidono di lavorare e la motivazione è sorprendente

Per il pensionato che nel rioccuparsi deve iscriversi a una delle gestioni esclusive dell’AGO potrebbero sorgere dei problemi. Si tratta di tutte le casse che erano gestite dall’ex INPDAP, ovvero la previdenza dei dipendenti dello Stato e della pubblica amministrazione. In questo caso, infatti, non viene riconosciuta nè la pensione supplementare nè il supplemento di pensione. Facciamo l’esempio di un lavoratore privato che, dopo il pensionamento si dedichi all’insegnamento con le supplenze nella scuola pubblica.

In questo caso i contributi versati dopo il pensionamento non possono essere utilizzati per aumentare l’importo della pensione. Perchè per avere un trattamento aggiuntivo è necessario raggiungere i requisiti contributivi per il diritto ad una prestazione autonoma. Quindi, raggiungere i 20 anni di contributi maturati con il nuovo lavoro per avere un’altra pensione di vecchiaia. O, in alternativa attendere il compimento dei 71 anni per la pensione di vecchiaia contributiva. A patto di aver maturato almeno 5 anni di contributi.

Se a rioccuparsi per la pubblica amministrazione, invece, è uno statale c’è anche un’altra alternativa. Ovvero chiedere la riunione dei contributi che diano vita alla liquidazione di un nuovo trattamento previdenziale. Ma questa scelta può costare anche molto cara perchè la pensione erogata durante il nuovo lavoro dovrebbe essere fusa con la nuova. E questo comporterebbe la restituzione delle somme percepite a titolo di pensione mentre si lavorava. Che può avvenire anche in modo rateale.

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