Per chi soffre di malattie invalidanti o di gravi patologie potrebbero rendersi necessari anche lunghi periodi di ricoveri. Questi spesso possono determinare la sospensione dell’indennità dell’accompagnamento. Ma ecco i casi in cui non può essere sospesa, pur in presenza di ricoveri lunghi.
Un obiettivo primario del nostro Ordinamento giuridico è tutelare e promuovere i diritti delle persone con disabilità e dei familiari che li assistono. Per tale motivo, il nostro legislatore ha previsto molteplici benefici, economici e fiscali a favore dei soggetti disabili e dei loro familiari. Tra le norme più importanti, in materia previdenziale, spicca senz’altro la famosissima Legge 104/92 che riconosce importanti benefici in materia fiscale ed economica. Qualora la patologia dovesse rendere la persona totalmente incapace a compiere autonomamente gli atti della vita quotidiana, l’interessato potrà chiedere anche l’indennità d’accompagnamento.
Quanto spetta per l’indennità di accompagnamento e quando spetta
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L’indennità d’accompagnamento pertanto viene erogata su domanda dall’INPS a favore dei soggetti totalmente invalidi o mutilati per i quali sia accertata l’impossibilità a deambulare. Nonché l’incapacità di compiere gli atti della vita quotidiana senza l’aiuto di un accompagnatore. Per il 2023, l’indennità è pari ad euro 527,16 al mese e spetta a prescindere dall’età e dal reddito. L’indennità spetta quando si è in possesso di uno dei seguenti requisiti:
- riconoscimento dell’inabilità totale e permanente al 100%;
- riconoscimento dell’impossibilità totale a deambulare autonomamente senza l’aiuto di un accompagnatore;
- impossibilità a compiere autonomamente gli atti della vita quotidiana senza un’assistenza continua.
Inoltre è richiesta una residenza stabile e abituale sul territorio. Il pagamento dell’indennità può essere sospeso qualora il beneficiario sia ricoverato a carico dello Stato per un periodo superiore a 29 giorni.
L’INPS precisa che non arriverà nessuna sospensione dell’indennità di accompagnamento in caso di ricovero in questi casi
L’INPS tuttavia, conformandosi ad un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, ha riconosciuto il mantenimento del diritto all’indennità anche in presenza di ricovero gratuito. Ovvero, qualora l’assistenza fornita dalla struttura non sia sufficiente a gestire le esigenze del malato, necessitando l’assistenza continua di un infermiere privato o familiare. Nonché, in caso di minore, qualora la presenza di un genitore o di entrambi, per l’intera giornata sia necessaria per il suo benessere fisico e relazionale. Ma anche quando risulti utile per la migliore risposta ai trattamenti terapeutici. Questi casi di non esaustività dell’assistenza fornita dalla struttura sanitari dovranno risultare da apposita documentazione rilasciata dalla struttura. Pertanto pur in presenza di un ricovero superiore a 29 giorni, l’indennità non sarà sospesa.
Cosa fare per evitare la sospensione
L’INPS ha realizzato una nuova procedura che consente agli assistiti di comunicare all’INPS i periodi ricovero senza rischiare la sospensione dell’indennità. In particolare, dopo il periodo di ricovero superiore a 29 giorni, i titolari dell’indennità, l’amministratore di sostegno, il rappresentante legale, dovranno presentare la dichiarazione telematicamente. Bisognerà pertanto accedere sul sito dell’INPS, mediante identità digitale e seguire il percorso “Sostegni, Sussidi e indennità”, fino a “Dichiarazioni di responsabilità e ricoveri indennizzati”. Alla dichiarazione telematica si dovranno indicare le date d’inizio e fine ricovero e allegare la documentazione della struttura attestante la non esaustività dell’assistenza prestata. Non dovranno invece allegarsi certificati sanitari, cartelle cliniche riguardanti le patologie invalidanti. In questo modo, non arriverà nessuna sospensione dell’indennità di accompagnamento pur in presenza di ricoveri superiori a 29 giorni né si genererà alcun indebito.