Nel 2023 in pensione a 63 anni ma solo se a scegliere è il lavoratore che accetta un taglio del 30% per 52 mesi 

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La riforma delle pensioni è ferma al palo perché da diversi mesi a questa parte, le urgenze sono diventate altre. Prima l’emergenza con la pandemia, che ha imposto interventi a sostegno dei nuovi poveri e delle famiglie in grave crisi. Poi la campagna vaccinale che ha eroso soldi, tempo ed energie al Governo. Adesso l’emergenza proveniente dal conflitto in Ucraina. In altri termini, le pensioni risultano scavalcate come urgenza.

Lo dimostra il recente DEF che non ha previsto nulla al suo interno per il capitolo previdenziale. Eppure le pensioni sono un argomento di cui da tempo si parla, per una riforma che deve essere approntata. Alcune proposte restano sul tavolo del Governo, e probabilmente resteranno le uniche su cui si potrà contare nel 2023, sempre che vengano accettate. Una di queste è senza dubbio interessante. Ed è una proposta interna dell’INPS, per mano del suo numero uno, il Presidente Pasquale Tridico.

Nel 2023 in pensione a 63 anni ma solo se a scegliere è il lavoratore che accetta un taglio del 30% per 52 mesi

La pensione divisa in due parti è alla base della proposta che da tempo l’INPS ha avanzato. L’età di uscita dal mondo del lavoro secondo questa ipotesi, è a 63 anni. La medesima età dell’APE sociale, misura che è stata confermata dalla scorsa Legge di Bilancio, ma che andrà a scadenza il 31 dicembre prossimo. Nel 2023 in pensione a 63 anni potrebbe restare possibile anche senza la conferma dell’APE sociale.

Certo, ci sono misure che permettono l’uscita anche prima dei 62 anni che saranno in vigore nel 2023 come quelle per notturni ed usuranti. Ma si tratta di misure a platea limitata, cioè ridotta a determinati soggetti. La proposta della pensione anticipata di cui tratta l’INPS invece, sarebbe estesa a tutti. Sarebbe la risposta all’esigenza di flessibilità che il sistema previdenziale ha. Si partirebbe dai 63 anni di età con almeno 20 anni di contributi, ma lasciando il lavoratore libero di scegliere quando uscire prima dei 67 anni di età.

Il taglio potrebbe essere importante, ma è solo temporaneo

Una proposta che di simile all’APE sociale ha solo l’età anagrafica iniziale, cioè i 63 anni. Il dividere assistenza da previdenza è un altro obbiettivo che questa misura potrebbe raggiungere. Infatti il sistema previdenziale italiano è in crisi perché nel novero della spesa INPS rientrano anche le prestazioni assistenziali. Dal reddito di cittadinanza alle tante misure destinate agli invalidi, soprattutto per chi ha i benefici della Legge 104 e gode di permessi, anticipi pensionistici e tante altre agevolazioni.

Con la nuova misura, che oggi è ancora ipotetica, l’uscita sarebbe penalizzata come calcolo di assegno. Alla data di decorrenza della pensione infatti, risulterebbe una pensione calcolata con il sistema contributivo. E per chi ha molti anni di carriera prima del 1996, il taglio arriverebbe al 30% come accade con opzione donna. Da 1.600 euro di pensione si passerebbe a poco più di 1.100 euro per esempio. Il taglio durerebbe fino ai 67 anni, cioè per 52 mesi (per chi esce a 63 anni), comprese le tredicesime. Una volta raggiunta l’età di 67 anni la pensione verrebbe ricalcolata con l’aggiunta della parte retributiva, cioè di quel 30% prima tagliato.

Approfondimento 

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