Molti non sanno che andando in pensione prima si perdono circa 300 euro di assegno e farebbero meglio a continuare a lavorare fino a 67 anni

INPS

Andare in pensione prima non sempre è una scelta saggia. Anzi, va detto che nove volte su dieci questa scelta non è gratuita. Infatti ogni misura di pensionamento anticipato prevede delle perdite in materia di assegno pensionistico. In primo luogo per l’interruzione della carriera. Poi per le regole di calcolo della pensione, che prevedono penalizzazioni per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni. Questione di coefficienti di trasformazione, cioè di quegli strumenti che permettono di trasformare ciò che si versa di contributi in pensione mensile. 

Ecco chi andando in pensione prima perde circa 300 euro di assegno e chi farebbe meglio a continuare a lavorare fino a 67 anni

Prima si lascia il lavoro, meno valgono i contributi che sono stati versati durante la carriera. Il meccanismo è abbastanza semplice. Dal momento che il pensionato che esce più giovane dal lavoro, dovrebbe percepire più anni di pensione (in base alla stima di vita ISTAT), deve prendere di meno mese per mese. Questa la regola che applica l’INPS. Perfino chi esce a 64 anni di età, cioè con soli 3 anni di anticipo, rischia pesanti perdite in termini di assegno. A maggior ragione se in virtù dell’anticipo, si è obbligati a vedersi calcolare la pensione con il sistema contributivo (come accade per esempio con Opzione donna). 

Per esempio, con la Quota 102, al raggiungimento dei 64 anni si può lasciare il lavoro nel corso del 2022. In questo caso niente penalizzazioni di assegno, ma pensione più bassa perché verranno a mancare, rispetto alla pensione a 67 anni, 3 anni di contributi. Nel salvadanaio che è il montante contributivo, ci saranno 3 anni in meno di versamenti e quindi pensione più bassa. E ancora di più per via del coefficiente di trasformazione che a 64 anni è meno favorevole di 67 anni. Nessuna penalità nemmeno per l’uscita con la pensione anticipata contributiva, anche se per contributi mancanti e coefficienti, la situazione è la stessa di Quota 102. 

Chi ci rimette anticipando a 64 anni la pensione

Una terza via per uscire  dal lavoro all’età di 64 anni e quindi 3 anni prima dei 67 previsti per le pensioni di vecchiaia, è quella del computo nella Gestione Separata INPS. Soprattutto per chi ha carriere piuttosto lunghe prima del 1996, la perdita è notevole. Chi ha iniziato la carriera prima del 1996 ha diritto al calcolo misto della pensione. Fino al 1996 con il sistema retributivo, mentre dopo il1996 con il sistema contributivo. Molti non sanno che andando in pensione prima si perdono dei soldi. Soprattutto per chi ha versamenti pari o superiori a 18 anni già al 31 dicembre 1995.

In questo caso il diritto al più favorevole calcolo retributivo non si ferma al 1996, ma arriva al 2012. E con la pensione con computo, bisogna accettare un ricalcolo completamente con il sistema contributivo, rinunciando a quello retributivo a prescindere che questo arrivi al 1996 o al 2012. Scegliere il calcolo contributivo per anticipare l’uscita a 64 anni può essere deleterio per la pensione. Infatti la stima delle perdite arriva anche al 25%. In pratica, se a 67 anni l’aspirazione di un lavoratore era di percepire una pensione intorno a 1.500 euro al mese, uscendo prima significa accettarne una da 1.100 euro al mese o poco più. 

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