I recenti tracolli delle Borse e delle varie asset class hanno portato migliaia di piccoli risparmiatori ad avere – loro malgrado – minusvalenze in portafoglio. Si pensi ad esempio a quanti posseggono quote di fondi comuni d’investimento che magari hanno liquidato in questi mesi in forte perdita. Ora ci si chiede le minusvalenze finanziarie, come recuperarle, mediante quali prodotti finanziari ne è consentito il rientro fiscale? Diamo le risposte.
Cos’è e quando nasce una minusvalenza, entro quando recuperarla
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Essa è il frutto di un’operazione finanziaria che ha portato a una perdita. Esempio: il signor Mario Rossi ha acquistato a ottobre scorso 10.000 azioni del titolo X ad €1, spendendo €10.000 (più commissioni). Il 10 marzo, in preda al panic selling che ha colpito violentemente le Borse, ha deciso di liquidare la posizione a €8 ad azione. Quindi ha incassato una perdita di €10.000 – €8.000 = €2.000. È nel momento della vendita finale (e definitiva) che nasce la minus, ossia la c.d. perdita in conto capitale. Per essa il legislatore ne consente il pieno recupero ma solo entro il 4° solare successivo a quello di maturazione. Per cui il signor Rossi avrà tempo fino al 31.12.2024 (e quindi nell’esempio sarebbero 4 anni e 9 mesi abbondanti) per rientrare della perdita.
Prodotti finanziari che producono reddito di capitale e reddito diverso
Come fare a recuperarla? Purtroppo il Fisco italiano distingue tra prodotti finanziari che permettono di recuperare le minus e quelli che non hanno tale potere. E precisamente distingue tra strumenti finanziari che producono reddito di capitale e quelli che generano reddito diverso. Qual è la differenza tra le due famiglie di strumenti? Semplice ma “determinante”: i prodotti che generano reddito di capitale non possono essere utilizzati per recuperare minus. Viceversa quelli che producono reddito diverso possono essere utilizzati per tale scopo.
Quindi solo a quest’ultimi è dato pieno potere di guadagnare su un’ipotetica operazione successiva e non pagare le imposte. Ma solo ed esclusivamente fino al recupero della precedente minus. Esempio concreto: se il signor Rossi avesse deciso l’11 marzo di comprare con quei €8.000 l’azione Y e stamane decidesse di rivenderla perché nel frattempo è salita del 30%, genererebbe una plusvalenza di €8.000 X 0,3 = €2.400. Ma pagherebbe le imposte del 26% solo sull’eccedenza tra i €2.400 – €2.000 = €400. Ovvero solo sui €400 (tralasciamo nei calcoli le commissioni al broker) si applicherà la tassazione del 26%.
Quali prodotti scegliere?
Con quali prodotti concreti fronteggiare le minusvalenze finanziarie, come recuperarle (https://www.proiezionidiborsa.it/un-etf-a-200-miglior-rendimento-a-10-anni/)? La risposta al quesito è in un certo senso “obbligata”, nel senso che la risposta passa per forza attraverso il ricorso a uno degli strumenti previsti dal Fisco quale “generatore” di reddito diverso. Quali sono concretamente? Essi sono:
1)la plusvalenza su ETC (che è ben diverso dall’ETF);
2)la plusvalenza sull’obbligazione;
3)la plusvalenza sulle azioni di Borsa;
3)la plusvalenza su un certificato di investimento;
4)la cedola di un certificato di investimento;
5)i derivati.
Strano ma vero, ma in questo gruppo rientrano la maggioranza di quei prodotti che è notoriamente poco frequentata dal “buon padre di famiglia”.