Macro/Micro da “Imagine” del Papa, a “Potus blinks”, all’exceptionalism delle banche italiane

trump-e-xi

Commento settimanale del vecchio Grim – Macro/Micro da “imagine” del Papa, a “Potus blinks” , all’exceptionalism delle banche italiane. Ormai con la Gaussiana che sembra rovesciata anche il detto “succede ogni morte di Papa” appare non più tale.

Nella settimana dell’addio a Papa Franciscus, la mia mente va all’utopica canzone “Imagine” di Lennon degli anni ’70 che all’età di 15/20 anni era tra le mie preferite. L’utopia di un mondo totalmente inclusivo, dove per default, la distribuzione della ricchezza, tanto per fare un volo pindarico, sarebbe derivata dalla divisione di 120 tr usd di gdp mondiale corrente per gli 8 bln di abitanti del globo. Peraltro, gli 8 bln di abitanti oggi si ritroverebbero anche con il triplo dei debiti rispetto al gdp pro capite.

Il paradosso è stato quello di un Papa da “imagine” ma anche Pastore Gesuita che verso il potere politico è stato quanto mai divisivo, ad eccezione di una ipocrita “all in”, inclusione, del suo funerale, dove il one to one Trump/Zelesky opposto a quello dello studio ovale, definito “storico”, sembrerebbe piuttosto una forma di estremizzazione di una media society, una sorta di demagogia di massa da “persuasori occulti”.

Se questo show significa decantare il rischio geo politico, ne prendo atto, con una riserva in questa sorta di commedia, ahimè sulle spalle di tanti morti di ambedue gli schieramenti.

Visto che Zelensky porta avanti di fatto una guerra per interposta persona e che, salvo prova contraria, il duo Trump / Putin sembrerebbe allineato, la pacca sulla spalla di Macron a quest’ultimo che significa? Un intralcio alla fine della stessa? Non so, magari il mio è un dubbio infondato o fa parte di una commedia di guerra con tanti morti veri, attori (Biden) ispirati a principi morali ma nei fatti anche economici di lobbies/anti recessivi, con l’attore/babele europea, che pur contribuendo alla commedia/guerra con altrettante spese inutili, consegnerà i figli/nipoti ad un anacronistico riarmo “preventivo” oltre che al pagamento dello stesso.

Mentre i ponti, quelli veri (infrastrutture) cominciano a cadere non solo in Italia ma anche in Germania; la soluzione opposta , quella di un disarmo globale sulla scia degli accordi di Helsinki sembrerebbe oggi improponibile, d’altra parte “imagine” resta una utopia dei 20 anni.

Settimana di real economics

andamento-mercati-usa-cina

Dopo il lunedì di Pasqua con la borsa Usa in netto ribasso per una ventilata defenestrazione di Powell, post invettive di Trump, “he is always too late to cut rates”, si è materializzato nei 4 giorni successivi un netto recupero della stessa, con S&P 500 che finisce la settimana a 5500, quando sembrava probabile un ritorno sui minimi o quasi, e con il decennale Usa finito venerdì al 4.25% da 4.50% e il 2 yrs al 3.75%, circa 10bp in meno, rispetto alla settimana scorsa: un imprevisto “let’ s twist again”.

La de-escalation di Trump sui dazi ha preso il sopravvento, quello che Yardeni ha definito “POTUS blinks”: una mezza U turn sui dazi, laddove i colloqui procedono con potenziali accordi bilaterali positivi, ex Cina; cui è seguita un altrettanto de escalation con i rapporti con Powell.

Per la verità anche con la Cina, l’annuncio di Trump di sedicenti colloqui con Xi, nettamente smentiti dai Cinesi, potrebbe condurre l’amministrazione americana a più miti consigli. D’altra parte Xi sembra attendere Trump che fa tutto da solo in piena dicotomia, ” se la canta e se la suona”, ben consapevole del fatto che se l’America dà le carte, la Cina le fa.

Appare evidente che il tempo per una quasi completa U turn comincia a stringere se si vuole evitare una recessione, che sembrerebbe suffragata un citigroup eps (e) in picchiata per i prossimi mesi.

  • Finora, in attesa della prossima settimana con la pubblicazione dei restanti Q 1 results delle big tech, il Q1 settimanale di Alphabet è sembrato “good” anche se non “great”, comunque sufficiente a dissipare i timori di un netto slowdown eps / capex Ai del prossimo trimestre .
  • Ciò è bastato, in aggiunta alla predetta de escalation, a far recuperare in settimana agli M7 anche più di metà del terreno perso dai max, grazie ad un positioning contrarian estremamente favorevole .

Un “better than” che ha lasciato qualche luce nell’oscurità al permabull tech Ives di Wedbush che comincia, nel comparto, a distinguere i tech meno impattati negativamente dai dazi, quali software e cyber, da comprare.

  • Condivisibile, peraltro operativamente dont chase the s&p su questi livelli, non dovrebbe superare quota 5700, sia perché al momento le previsioni degli eps/consensus appaiono, come si diceva, in discesa, sia perché la vera U turn sui dazi, ancora in stand by, è quella dei dazi Usa / Cina; una partita che sono convinto che col tempo si risolverà favorevolmente, ma che può presentare al momento doppi danni, sia per la Cina (shock da domanda) che per gli Usa (shock da offerta) .

A tal proposito, l’ FT WE riporta che Apple sta pensando di delocalizzare la produzione di Iphone dalla Cina in India, con relativi costi a suo carico e con altrettanto dissapore cinese; un modo indiretto per mitigare l’effetto di dazi al momento insostenibili verso la Cina e tali anche nell’ipotesi di consistenti riduzioni ventilate da Trump, in settimana.

Situazione quindi fluida, tutt’ altro esente da rischi, che testimonia nei fatti la chiara illusione ideologica di un trasferimento in Usa di parte della filiera ” tech” Usa, oggi presente in Cina.

  • Apple cercherebbe una sponda in India non certo in Usa, dove un ritorno in California/Cupertino avrebbe costi proibitivi, né d’altra parte il grezzo “hillbilly ” dell’elegia di Vance, che oggi nel Midwest produce frumento/bovini ed altri prodotti agricoli, sarebbe minimamente in grado di riconvertirsi a produrre tech goods.
  • Sui livelli correnti dei dazi con la Cina se la Tech Usa non dorme di notte, con le importazioni dalla stessa già crollate, altrettanto colpiti negativamente sono i farmers del midwest, elettori di Vance, con i dazi al 125% sulle importazioni da Usa dei Cinesi, dato che un mercato di sbocco essenziale per i loro prodotti agricoli è proprio la Cina.

Non resta molto tempo a Trump per fare una netta U turn sui dazi

dazi-trump

– Cina in primis – in modo da portare l’ incremento medio degli stessi da un ventilato 25% a un più sostenibile per l’ economia Usa 5/ 10% circa; di per sé sufficiente a impallinare quel 3% di crescita gdp previsto da Bessent – altro che 3×3 -di almeno la metà per l’anno in corso.

Agli stessi si cumulerebbero gli effetti recessivi di una improcrastinabile riduzione di spesa pubblica, vero tallone d’achille dell’ economia Usa. In quest’ultimo caso bisogna pagare il conto Biden/Yellen che con una spesa pubblica fuori controllo ha evitato nei 2 anni precedenti una recessione prevista dalla maggior parte dei macro economisti e che ha portato la sola spesa per interessi sul debito pubblico Usa oltre il 4% .

In dette circostanze appare chiaro che o si manda in soffitta il Doge, ma il bond vigilantes non lo consentirebbe, oppure si pone immediatamente un rimedio all’ “autogol” dazi, pena una severa recessione. Per rifarci scherzosamente a una partita di calcio , il goal recessivo Doge è quello più accettabile, una sorta di giusto calcio di rigore contro, un ulteriore goal da dazi sarebbe un secondo goal pesante a favore della recessione.

Il rischio concreto sarebbe quello di un terzo goal a favore della stessa, derivante da una borsa che si avvierebbe verso i 4000 di S&P con un wealth effect negativo su quei 100 trn usd di risparmi dei baby boomers Usa, che negli ultimi, grazie alle laute cedole da notes/ treasury Usa nonché di un S&P in netto rialzo, hanno contribuito a tenere saldamente in uptrend i consumi in Usa, 70% del gdp.

Si rammenti che questi genitori/ nonni hanno aiutato i figli/ nipoti a sostenere i relativi consumi; i secondi, parte di una classe media che anche in Usa” batte in testa” .

Quando si dice che l’amministrazione Trump ha piuttosto il problema di collocare a tassi decrescenti la montagna di titoli di Stato in scadenza, giusto, e che l’andamento di borsa non è una priorità, sciocchezza

tagli-fed

Anche l’andamento divergente del bitcoin, digital store value, rispetto al nasdaq è benvenuto dal duo Trump/Bessent sia per motivi elettorali sia perché attraverso le stablecoin porta acqua al mulino dei treasury, dove i giapponesi col oltre 1.1 di debito pubblico Usa detenuto e una probabile svalutazione dello yen verso usd sono più sul sell che sul buy: they matter a lot, più degli stessi cinesi o del one off dei basis swap degli hedge funds.

La Fed stessa, nell’attento monitoraggio delle financial conditions, oltre al credit spread che a 500 bp delle scorse settimane è coinciso con la punta di escalation dazi, oggi ripiegato in area 350 per de escalation, a 4800 di S&P 500 deve considerare, come d’altronde l’amministrazione Trump, l’effetto negativo di wealth effect sui consumi dei ricchi baby boomers Usa: il 10% degli americani più abbienti fanno circa il 50% dei consumi.

Questo dei 3 goal pro recessione non è, come più volte detto, il mio scenario di base, mi limito al calcio di rigore contro per riduzione spesa pubblica, inevitabile, per rimanere nella metafora; un pro tempore trading range 5000-5500 di borsa Usa è quello che mi attendo, ormai di consenso.

Venendo ai tassi, come Trump, anche Geremy (Wharton U) invoca un immediato taglio dei tassi Fed in quanto il breakeven inflation a 5 anni sconterebbe un’inflazione in linea con pce target Fed; in presenza di un evidente rischio recessivo la Fed in modo pre emptive dovrebbe tagliare i tassi; ciò sarebbe una grossa boccata d’ ossigeno per l’amministrazione Trump che con una netta riduzione della spesa per interessi, oltre a qualche introito in più dai dazi, dovrebbe poter rifinanziare il taglio delle tasse disposto da Trump nel 2017, in scadenza quest’ anno.

Ciò indebolirebbe lo usd verso euro e soprattutto lo yen – contro renminbi la vedo più dura – consentendo un rientro del trading deficit e quindi minore necessità di funding da inflow di capitali esteri.

  • Al momento però la Fed sembrerebbe sul no, in attesa di conoscere l’ evoluzione dazi, perché il rischio stagflattivo di breve con un’inflazione oltre il 3% è concreto.

Una situazione di compromesso, già nella prossima riunione di maggio, potrebbe essere quello di consentire alle banche Usa di acquistare titoli di stato Usa senza assorbimento di capitale, una sorta di qe indiretto, che in ultima istanza ridurrebbe il livello dei tassi con allentamento di restrizione di base monetaria, per poi a giugno cominciare il taglio tassi, almeno 3 tassi entro fine anno, con osservato speciale l’andamento del mercato del lavoro dei prossimi mesi, nodo cruciale dell’eventuale deterioramento della crescita del gdp Usa.

Operativamente, short usd, buy con future a leva il 2 anni usa, buy future decennale Usa con tassi oltre il 4.5%, non ora. Probabile uno steepning della curva Usa di circa 150 bp entro fine anno , rispetto ai 50 bp correnti, per cui uno spread lungo future 2 anni a leva e corto 10 yr ci sta, se steepning sarà .

Per finire, visto che si è parlato tanto di “exceptionalism” Usa negli ultimi anni che ha avuto il suo epicentro nell’Ai, ovvero M7 ma non solo, con Nvidia lead, mi sia consentito di citare quello delle banche italiane che in media, con Unicredit che negli ultimi 5 anni ha visto più che quintuplicare il suo valore.

Premesso che ai miei fini eccezionalismo non è nulla di eccezionale, se non una crescita di utili/ dividendi/ buy back, insomma dei principali indicatori fondamentali, la maggior parte delle banche italiane, aiutate anche da un contesto di tassi d’interesse nominali non più nulli se non addirittura negativi, sono riusciti nell’ impresa.

Il futuro potrebbe essere ancora buoyant in media anche se con performance positive nettamente inferiori a quelle passate, sia perché la fase attuale di riduzione tassi Bce dovrebbe, a partire dal 2026, far sentire i suoi effetti negativi sul margine d’interesse, sia soprattutto perché la situazione macro oltreoceano qualche rischio recessivo in più lo evidenzia, con evidenti ripercussioni negative di crescita globale .

L’ halo effect si è fatto sentire di recente quando l’innalzamento del rischio recessivo in Usa per escalation dazi ha generato una perdita di valore di oltre il 20% dai max dei titoli bancari italiani, oggi parzialmente rientrato; non ha aiutato l’avverso positioning, “tutti pieni”, in primis dei fondi esteri. Circostanza in cui paradossalmente i titoli migliori scendono di più perché più detenuti.

  • Al momento, come in Spagna, anche il risiko bancario italiano, con la creazione di un eventuale terzo polo bancario, è sotto i riflettori internazionali.

Da seguire nei prossimi mesi quanto accadrà soprattutto all’ ops bmps/mediobanca/generali e unicredit/bpm, con i paletti governativi che mi sembrano anti Orcel. Il vero trigger, non solo per le banche italiane ma per l’intera Europa , sarà l’ok o meno del governo tedesco all’opa di ucg su commerz; gli odds sembrano sfavorevoli, per il momento “non passa lo straniero” ? Sarebbe un’ occasione mancata, a meno di una positiva sorpresa, di un’unione bancaria e dei mercato capitali, auspicata dall’agenda Draghi, foriera come wishfull thinking di una completa unione fiscale e politica Europea, in storico ritardo.

Intanto, per rimanere nel mio storico orticello, bmps, anche con un ops al 40/50% di Mb favorevole, sarebbe in grado di controllare sia il cda di Mb sia quello di Generali, quindi non più a trazione Francese; bmps che con una mkt cap ancora nettamente sotto il te, rispetto alle altre banche italiane, resta, a mio avviso, un possibile double, in condizioni normali di mkt, nei prossimi mesi.

Quei volumi più che doppi di scambi su Mb di venerdì scorso, proprio il giorno dopo l’insediamento del nuovo/vecchio cda Generali (vittoria di Pirro sembrerebbe….), potrebbe essere indicativo di qualche resa dei conti finale tra i contendenti sul mercato.

Anche se l’esito finale dell’ops bmps/mb si situerebbe a fine 3 trimestre, nelle prossime settimane si potrebbe giocare la partita finale sul mercato e non tra Caltagirone e Co, il governo italiano, Orcel, i Francesi/Generali/Nagel; al momento Messina sembrerebbe in panchina, limitandosi a finanziare con 500 mil eur Caltagirone, chissà: stay tuned.
Bwe