L’organizzazione sino-russa SCO fa accedere l’Iran

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L’Iran diventa il nono membro permanente della Shangai Cooperation Organization, blocco fondato da Cina e Russia nel 2001 e che finora, oltre ai due giganti asiatici, annoverava India, Pakistan, Uzbekistan, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan. L’organizzazione sino-russa SCO fa accedere l’Iran: quali conseguenze?

L’Organizzazione, detta inizialmente “Shangai Five” in riferimento ai cinque originari soci fondatori, era fondamentalmente un condominio a matrice sino-russa. Gli interessi che mossero questa iniziativa, da parte delle due grandi potenze, erano e tutt’ora sono disomogenei.

Da un lato Pechino ha principalmente l’interesse a creare un’area commerciale stabile quanto più sicura ed ampia possibile, per espandere le sue “vie della seta terrestri”, con un chiaro intento telluricratico.

Dall’altro lato la Russia cerca invece di mantenere la presa geopolitica sul c.d. “estero vicino”, rappresentato in questo caso dalle ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale, temendo possano cadere nella sfera cinese.

Gli interessi

Vi sono anche, da parte russa, non dissimulate velleità di creare un blocco alternativo al c.d. Occidente collettivo, attraendo potenze regionali come la Turchia, l’Indonesia o il Vietnam.

A tale ultima ambizione risponde anche l’ingresso dell’Iran, paese da anni colpito dalle sanzioni occidentali, proprio come la Russia a seguito dell’invasione in Ucraina.

Tra le varie dichiarazioni rilasciate dal Presidente iraniano, Ibrahim Raisi, val la pena di citarne una dal profondo significato geopolitico.

Egli, in chiara contrapposizione all’ordine finanziario globale, ha affermato che “l’Iran accoglie con favore qualsiasi iniziativa volta a introdurre strumenti di pagamento finanziario basati su tecnologie moderne per facilitare gli scambi tra i membri e i partner commerciali”.

Sembra qui di cogliere un auspicio alla progressiva sostituzione del dollaro come moneta di scambio internazionale, da rimpiazzare con una imprecisata valuta digitale.

Potrebbe forse trattarsi del fantomatico yuan digitale di tanto in tanto caldeggiato da Pechino? Nel corso degli ultimi 2 anni, la People’s Bank of China PBOC e altre istituzioni finanziarie cinesi hanno condotto programmi pilota su larga scala per testare l’e-CNY in diverse città cinesi. L’e-CNY persegue due obiettivi. Il primo, il lancio di una valuta digitale capace di scalzare il Bitcoin, le stablecoin e criptovalute, assicurando contemporaneamente che il Renminbi continui a guadagnare spazio nel commercio internazionale.

Il secondo, il lancio di un sistema di pagamento digitale accessibile e a basso costo.

Anche per Putin il summit della Shangai Cooperation Organization ha costituito l’occasione per insistere su alcuni punti nodali.

Anzitutto ha ringraziato i leader degli altri paesi per il sostegno dato a Mosca durante la tentata presa del potere da parte dei mercenari della Wagner.

In tal modo il Presidente russo ha inteso segnalare che la Russia non è isolata nel mondo ma gode dell’appoggio di stati popolosi e potenti.

Egli ha poi sottolineato come la Russia stia resistendo alle pressioni ed alle sanzioni dell’Occidente, accentuando la faglia geopolitica creatasi con lo scoppio del conflitto russo-ucraino.

Ha poi proseguito elogiando la stretta cooperazione tra Mosca e Pechino, in particolare quella commerciale, sottolineando come essa avvenga nelle valute locali (yuan e rublo).

Da parte sua, invece, il leader cinese Xi Jin Ping ha esortato ad evitare la rottura delle catene del valore globali ed il disaccoppiamento tra le grandi economie del pianeta, con un palese riferimento alla guerra economica tra Cina e Usa.

L’organizzazione sino-russa SCO fa accedere l’Iran: conclusioni

Nel concludere il suo intervento, inoltre, il leader cinese ha rimarcato l’importanza della “Belt and road initiative” o Bri, definendola unilateralmente come “una strada di felicità”.

Infine, è da rilevare che, questa ventiduesima riunione annuale della SCO, ospitata quest’anno dall’India in formato virtuale, ha anche dato l’avvio al processo per la piena adesione della Bielorussia, che finora aveva lo status di paese osservatore.

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