Il trattamento economico che spetta al coniuge, al figlio o altro familiare superstite è una forma di tutela che il nostro ordinamento garantisce. Alla morte del lavoratore o titolare di pensione, l’INPS continua a versare una quota dell’assegno ai superstiti che risultavano a carico del soggetto defunto. Tuttavia, tale trattamento potrebbe subire una drastica riduzione in base a delle limitazioni sul cumulo dei redditi. L’INPS taglia del 40% le pensioni di reversibilità ai familiari in questi casi che illustriamo di seguito.
Come si stabilisce il diritto e la percentuale di pensione di reversibilità o indiretta
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La pensione di reversibilità, o indiretta nel caso di lavoratore defunto, è una prestazione economica che l’INPS eroga ai beneficiari a carico del defunto. Essa segue quanto disciplina l’art. 1, comma 41, della Legge n. 8/1995, n. 335 e s.m.i. Generalmente, si tratta di coniuge o figli, ma anche genitori, fratelli o altri parenti che risultavano a carico del defunto possono riceverla. In taluni casi, anche l’ex coniuge può avanzare il diritto alla pensione di reversibilità in percentuali differenti. Come molti sapranno, l’assegnazione della pensione di reversibilità si applica in ragione del grado di parentela e in percentuali differenti. Uno schema completo su questo aspetto lo abbiamo fornito nell’articolo: “A quanto ammonta la pensione di reversibilità INPS in base al beneficiario”. Sebbene il calcolo delle percentuali segua uno schema fisso, l’importo dell’assegno può variare notevolmente se il beneficiario dichiara altri redditi. Questo significa che se il coniuge, ad esempio, lavora oppure è in possesso di altri redditi, potrebbe ricevere una decurtazione dell’assegno.
L’INPS taglia del 40% le pensioni di reversibilità ai familiari in questi casi
Il calcolo dell’importo della pensione di reversibilità o indiretta è strettamente collegato ai dati reddituali e al trattamento minimo per le pensioni INPS. Spieghiamo meglio cosa significa. Quando si parla di trattamento minimo, si intende l’importo minimo della pensione che si garantisce al cittadino per vivere una vita dignitosa.
Questo trattamento subisce ogni anno delle rivalutazioni e segue quanto disciplina la Legge n. 638/1983. Per l’anno 2021, ad esempio, l’importo del trattamento minimo corrisponde a 515,58 euro mensili per 13 mesi. Il coniuge titolare di pensione di reversibilità che ha anche un lavoro o altro reddito, può subire un taglio dell’assegno in base al calcolo sul trattamento minimo. Nello specifico, il taglio corrisponde al 40% se il reddito che egli dichiara si attesta tra i 26.810,16 euro e 33.512,70 euro. In questi casi, il reddito percepito fa scattare la riduzione dell’assegno di reversibilità. Attenzione però a ricordare che esistono dei redditi che non fanno perdere il diritto alla pensione di reversibilità INPS. Questi non rientrano nel computo e non si vanno a cumulare con quelli lavorativi o di altre fonti.