Il nostro sistema previdenziale riconosce a chi si trova in gravi condizioni fisiche la cosiddetta indennità d’accompagnamento, un assegno mensile pari a circa 525 euro. In particolare esso viene riconosciuto a chi è impossibilitato a deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore o incapace a compiere gli atti della vita quotidiana. Nella maggior parte dei casi l’indennità è soggetta a revisione. Durante la visita di revisione, l’INPS potrebbe revocare l’assegno di 525 euro ritenendo non più spettante l’indennità per mancanza dei presupposti.
Ad esempio qualora siano venuti meno i requisiti sanitari o per mancata presentazione senza un giustificato motivo alla visita di revisione. Cosa fare allora se si ritiene ingiusta la revoca dell’indennità? Fino a qualche giorno fa prassi comune è stata quella di intraprendere tutto l’iter amministrativo per ottenere nuovamente il riconoscimento. Ma d’ora in poi in caso di revoca dell’accompagnamento, i tempi saranno più celeri grazie alla pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite.
L’INPS potrebbe revocare l’assegno di 525 euro anche a pensionati, invalidi e vedove che potranno riaverlo direttamente con questa domanda
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Con la sentenza n.14561 depositata il 9 maggio la Suprema Corte afferma un nuovo principio di diritto. Ovvero, per procedere all’impugnazione del provvedimento di revoca non occorrerà avviare una nuova domanda amministrativa.
Il tutto nasce a seguito di un ricorso al giudice contro l’INPS presentato da un uomo cui era stato revocata l’indennità d’accompagnamento. Ciò in quanto la Commissione medica aveva ritenuto venir meno i requisiti sanitari. Il giudice riconosce il diritto del ricorrente all’indennità ma non a far data dalla revoca. A quel punto il ricorrente si rivolge alla Corte d’appello che rigetta il gravame ritenendo che l’appellante avrebbe dovuto presentare una nuova domanda amministrativa. Senza quest’ultima il suo ricorso doveva dichiararsi improponibile. Senonché l’uomo decide di rivolgersi alla Cassazione. Quest’ultima a Sezioni Unite ha espresso un nuovo principio che permetterà una procedura più celere e una maggiore tutela dei diritti del soggetto invalido.
La domanda giudiziaria di ripristino di una prestazione revocata in sede amministrativa investe il diritto del cittadino a ricorrere con gli strumenti accordati dalla legge. Nel caso di revoca di una prestazione già in godimento, non serve presentare una nuova istanza amministrativa per averne il ripristino. Ciò infatti determinerebbe per il soggetto invalido rilevanti conseguenze pregiudizievoli in quanto non si vedrebbe riconosciuta la continuità della prestazione ingiustamente revocata. Inoltre una nuova domanda rallenterebbe ancor di più la macchina amministrativa che si troverebbe a rifare accertamenti su qualcosa di già esaminato.
Pertanto grazie alla nuova pronuncia della Suprema Corte, chi si vedrà revocata una prestazione già in godimento, potrà adire direttamente l’autorità giudiziaria, senza subire ulteriori pregiudizi.
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