Talvolta nonostante i requisiti anagrafici e contributivi potremmo non accedere a determinati benefici. Ciò può accadere alle lavoratrici che vogliono fruire di Opzione donna. Ecco cosa non si deve sottovalutare.
Quando l’età comincia ad avanzare sono in tanti a pensare alla pensione e a fare programmi su quale sia la scelta migliore. La possibilità di andare in pensione anticipatamente fa gola a tutti, soprattutto dopo aver trascorso una vita a sbattersi tra lavoro e famiglia. Peraltro l’attuale Legge di Bilancio ha previsto il nuovo schema di anticipo pensionistico per il 2023, ovvero Quota 103. Questo sistema consente di andare in pensione a 62 anni d’età e con 41 anni di contributi. Inoltre ha confermato l’APE sociale e confermato Opzione donna. Ma attenzione perché in tale ultima ipotesi l’INPS dice no a queste lavoratrici in mancanza di un dettaglio importante. In particolare con la circolare n.25/2023, l’INPS fornisce le istruzioni in merito all’applicazione delle nuove disposizioni previste per Opzione donna. Tale istituto è per le donne che entro il 31 dicembre 2022 abbiano maturato almeno 35 anni di contributi e 60 anni d’età anagrafica. Quest’ultima si riduce di un anno per ogni figlio nel limite massimo di 2 anni.
Oltre ai requisiti anagrafici e contributivi, sono necessarie anche queste condizioni
Indice dei contenuti
Per accedere alla pensione anticipata la Legge richiede che le donne si ritrovino in una delle seguenti condizioni:
- assistano al momento della richiesta il coniuge o il parente di primo grado convivente con handicap grave ex art.3, co. 3 L.104/92. Nonché un parente o affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge abbiano 60 anni o siano anch’essi invalidi, deceduti o mancanti;
- abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74%;
- siano state licenziate o dipendenti da imprese per cui è attivo un tavolo di confronto per la gestione delle crisi aziendali.
Le lavoratrici al punto 3 possono accedere alla pensione anticipata a 58 anni, con 35 anni di contributi a prescindere dalla presenza di figli.
L’INPS dice no a queste lavoratrici che rischiano addirittura la revoca della pensione
Per quanto riguarda le lavoratrici che al momento della richiesta assistono una persona con grave handicap si richiedono altri due requisiti importanti, ovvero:
- l’assistenza continuativa da almeno 6 mesi;
- la convivenza.
In particolare l’interessata in sede d’istanza deve compilare un’autodichiarazione dove afferma di assistere e convivere da almeno 6 mesi con un soggetto con handicap grave. Dovrà riportare i dati anagrafici della persona che assiste, gli estremi del verbale rilasciato, ex art.4 L.104/92, dalla Commissione medica che ha riconosciuto l’handicap grave. Qualora l’handicap grave sia stato riconosciuto dall’autorità giudiziaria, si dovrà segnalare la circostanza all’interno della domanda. Al predetto verbale la legge equipara l’accertamento provvisorio e il certificato provvisorio. Tuttavia sarà necessario che il verbale definitivo confermi il giudizio provvisorio di handicap grave. Qualora questo non venga confermato la pensione sarà revocata.
La lavoratrice che assiste un parente o affine di secondo grado convivente dovrà dichiarare che all’atto di presentazione dell’istanza i genitori, coniuge/unito civilmente sono impossibilitati. Nel caso di patologie invalidanti di questi ultimi l’interessata dovrà allegare in busta chiusa idonea documentazione medica ed inoltrarla all’Unità Operativa Complessa/Semplice territorialmente competente. Pertanto senza questi ulteriori elementi non si potrà accedere all’anticipo pensionistico. Quindi occhio a tutti i dettagli per non perdere quest’importante beneficio.