Quando il titolare dell’assegno di accompagnamento decede, la quota mensile è reversibile al familiare che lo assisteva o ad altro parente? Come funziona in casi simili e come si considera l’indennità di accompagnamento relativamente a quanto stabilisce la legge sulle pensioni ai superstiti? Per rispondere a questi interrogativi i Tecnici di ProiezionidiBorsa fanno luce su alcuni aspetti formali che descrivono l’assegno di accompagnamento.
Quando si riceve l’assegno dall’INPS
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Esistono diverse tipologie di trattamenti su base economica che l’INPS eroga in favore della persona invalida, disabile o con handicap. In ragione della propria condizione clinica e dello stato di infermità, è possibile ottenere anche l’assegno di accompagnamento in taluni casi. Questa indennità, nello specifico, si riceve quando: il richiedente è totalmente inabile per affezioni fisiche o psichiche; è impossibilitato a deambulare senza il permanente aiuto di un accompagnatore e necessita quindi di una assistenza continuativa.
In questi casi, è frequente che la persona che funga da accompagnatore sia un familiare vicino alla persona invalida o una badante. In circostanze simili ci si potrebbe domandare se alla morte del titolare dell’assegno l’assistente o altro familiare possa continuare a ricevere questo beneficio. Ebbene, l’indennità di accompagnamento INPS è reversibile?
Come si considera l’accompagnamento ai fini della reversibilità
Per rispondere se l’indennità di accompagnamento INPS è reversibile è utile fornire alcune informazioni circa la differenza che corre tra prestazione previdenziale e assistenziale. La prima fa riferimento a rapporti assicurativi che il contribuente finanzia con il versamento dei contributi. Per fare un esempio, la pensione che si percepisce sulla base dei contributi versati è un chiaro esempio di trattamento previdenziale. Le indennità assistenziali che generalmente eroga l’INPS in situazioni di disagio sociale, economico o fisico sono invece trattamenti di tipo assistenziale. Essi sono veri e propri interventi dello Stato sociale che mirano alla tutela del cittadino che versa in particolari difficoltà.
Essi infatti talvolta prescindono dai requisiti anagrafici o contributivi a differenza dei trattamenti previdenziali. Ora, la pensione di reversibilità è un trattamento che l’INPS riconosce ai superstiti a carico del defunto. La quota della reversibilità si calcola in percentuale in base alla pensione di tipo previdenziale del dante causa.
Essa infatti si riconosce solo se il defunto assicurato ha perfezionato almeno 15 anni di anzianità contributiva e assicurativa oppure 5 anni di anzianità di cui almeno 3 nell’ultimo quinquennio. Ciò significa che nel computo della pensione ai superstiti non rientrano i trattamenti di tipo assistenziale che eroga l’INPS. Dunque, l’indennità di accompagnamento INPS è reversibile sì o no? Dal momento che si tratta di un assegno erogato su base assistenziale, il diritto all’accompagnamento decade al momento del decesso del titolare. Ciò significa che non è reversibile ai familiari.
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