Dal primo gennaio 2023 entrerà in vigore una nuova misura pensionistica che consente di lasciare il lavoro a partire dai 62 anni di età. La misura viene chiamata allo stesso tempo Quota 103 o Quota 41. Nel primo caso perché si da peso alla somma tra età e contributi come una classica misura per quotisti (era così per Quota 100 per esempio). Nel secondo caso perché servono 41 anni di contributi versati per poter accedere alla misura che parte dai 62 anni di età.
Ed anche perché secondo la maggioranza del Governo, questa misura sarà l’anticamera per il futuro varo della Quota 41 per tutti, che resta obiettivo principale della futura riforma e autentico cavallo di battaglia per esempio, della Lega di Matteo Salvini. Ma allo stesso tempo il Governo utilizza una politica di disincentivi ad usare questa misura. O di incentivo a restare al lavoro. E lo fa con una misura che richiama ad un vecchio Bonus che porta il nome del Ministro che lo varò in un vecchio Governo Berlusconi, cioè il compianto Roberto Maroni.
Lavoratori al bivio tra pensione a 62 anni o il 10% di stipendio in più al mese
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Ricapitolando, nel 2023 entrerà in vigore una misura che consentirà ai lavoratori di andare in pensione anche con solo 62 anni di età, ma a condizione di aver completato i 41 anni di contributi versati. Il testo definitivo della Legge di Bilancio sarà determinante per capire il meccanismo effettivo di questa nuova Quota 103, ma ormai appare chiaro che i requisiti sono e resteranno questi. E sarà una pensione neutra da tagli e penalizzazioni, se si eccettua quella a cui andranno incontro i lavoratori che per stipendio e montante contributivo avrebbero diritto ad una pensione superiore a 5 volte il trattamento minimo. In quel caso infatti la misura perde parte della sua convenienza dal momento che l’assegno previdenziale massimo fruibile non deve superare più o meno i 2.000 euro al mese.
Bisognerà vedere se nel varo definitivo della misura questo vincolo resterà come una sorta di penalizzazione e di disincentivo per i lavoratori, o diventerà un requisito determinante per il diritto alla pensione. In quest’ultimo caso infatti, si opererebbe come per la pensione anticipata contributiva odierna, che non consente il pensionamento a chi non arriva a percepire una pensione superiore a 2,8 volte l’assegno sociale (più o meno 1.311 euro di pensione al mese).
Cosa si guadagna restando oltre la Quota 103
Tornando al Bonus Maroni prima citato, occorre sottolineare che parliamo di un incentivo offerto ai lavoratori che scelgono la permanenza al lavoro al posto della pensione anche se a diritto maturato. Lavoratori al bivio tra pensione e lavoro quindi. Il lavoratore che completa i requisiti minimi per la Quota 103, potrà optare per restare al lavoro godendo di uno stipendio mensile più alto ed in misura pari al 10% circa.
La percentuale esatta sarebbe il 9,19% che altro non è che la parte della contribuzione per invalidità, vecchiaia e superstiti a carico del lavoratore e che normalmente versa il datore di lavoro all’INPS trattenendola dalla busta paga del lavoratore. Questo importo, commisurato allo stipendio, non verrebbe più trattenuto e versato dal datore di lavoro, ma resterebbe nella busta paga come premio alla permanenza al lavoro.