Ci auguriamo di sbagliare ma la telefonata tra gli States e la Russia potrebbe non essere risolutiva del conflitto. Almeno non nell’immediato. Chiedere il «cessate il fuoco» può far breccia nei lettori d’Occidente stanchi della guerra e delle sue conseguenze. Ma non tange la Russia. Perché se analizziamo la richiesta, starebbe a significare la resa per Putin. E non lo farà mai. A limite si può insistere sulla via diplomatica e spingere sui negoziati.
L’aspetto positivo
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Se l’America chiama Mosca, perché la telefonata abbia senso occorre che ne seguano delle altre. Lunghe, interlocutorie, aperte all’ascolto e al dialogo. Ma in modo onesto e animato da buoni propositi. Certamente se ogni forma di comunicazione tra i due Paesi mancava dal 18 febbraio scorso, è pur sempre da considerarsi un segnale positivo. Il Pentagono, per voce del Ministro della Difesa Austin, ha parlato con l’omologo russo Shoigu. E di per sé è certamente un bene perché si è aperto un canale di comunicazione. Ma da qui a immaginare che domani la Russia deponga le armi, è fantascienza.
L’America chiama Mosca, perché la telefonata potrebbe essere insignificante rispetto alla fine del conflitto
I motivi per cui in quel di Washington hanno alzato la cornetta sono stati certamente evidenziati (anche) dalla visita di Mario Draghi a Joe Biden. Gli ha detto chiaro e tondo che, al netto degli aiuti all’Ucraina, l’Europa è stanca della guerra. Perché era iniziata in Ucraina ma è finita nelle case dei cittadini tutti, con tanto di aumenti in bolletta, nella spesa alimentare e adesso anche nell’uso al minimo dei condizionatori. Per non parlare delle minacce nucleari e di estensione del conflitto. Tra l’altro anche negli States i riverberi della guerra stanno arrivando con un’inflazione che pare inizi a farsi sentire. E ancora, un leggero calo di consenso verso il Presidente Biden. Probabilmente premere per la fine conviene un po’ a tutti. Bisogna però vedere le condizioni e barattare. La strada è lunga sebbene sia pur sempre un segnale di apertura.
Putin malato?
Invocare il fine vita per Putin ci pare poco ortodosso. Dall’inizio «dell’operazione militare speciale» sono state analizzate le movenze del corpo, il gonfiore al viso e molto altro. Il punto è che viene messa a confronto l’immagine di Putin oggi, che ha 69 anni, con quelle di almeno dieci anni fa. Abbiamo ipotizzato problemi alla tiroide, presunte cure che comporterebbero sbalzi d’umore e facile irritabilità. E in ultimo il presunto e imminente ricovero per un cancro con tanto di presunto golpe interno. Tutto potrebbe darsi così come potrebbe trattarsi di aria fritta. E gli analisti lo sanno. I negoziati rimangono la strada più percorribile anche perché se la Russia non si arrende, Zelensky (con le sue valide ragioni) non è da meno.
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