L’Agenzia delle Entrate può imputare alla società le operazioni riscontrate sui conti dei soci. Studiamo il caso.
La Cassazione, con l’Ordinanza n. 30260 del 27/10/2021, ha chiarito alcuni rilevanti profili su accertamenti bancari a carico di familiari di soci di una società. Nella specie, l’Agenzia delle Entrate ricorreva per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, nell’ambito di una controversia su accertamenti bancari. In particolare, la CTR aveva dichiarato inammissibile, per mancanza di specificità, il motivo di appello col quale l’Ufficio aveva contestato alcune movimentazioni bancarie non giustificate.
La decisione
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Secondo la Suprema Corte il ricorso era fondato. Evidenziano i giudici di legittimità che, nel caso in esame, i giudici di secondo grado avevano erroneamente negato la specificità del motivo di appello. L’Ufficio aveva infatti contestato l’esclusione dall’accertato a carico della società delle operazioni sui conti correnti del socio. E lo aveva fatto rilevando come la presunzione di imputazione derivava dalla sussistenza di stretti rapporti familiari tra soci ed amministratore della stessa società. La Cassazione evidenzia che, in caso di accertamenti bancari su società a ristretta base familiare, l’Ufficio può utilizzare le risultanze di conti intestati ai soci. E dunque l’Agenzia delle Entrate può imputare alla società le operazioni riscontrate sui conti dei soci. La relazione di parentela tra i soci, infatti, è idonea a far presumere la sostanziale sovrapposizione tra interessi personali e societari.
Conclusioni
In sostanza, in caso di società a ristretta base familiare, gli interessi economici perseguiti dalla società si identificano con quelli propri dei soci. E tale principio si applica anche ai conti o ai depositi intestati ai loro familiari, anche se non soci. L’Amministrazione può infatti sempre utilizzare i dati relativi ai movimenti su conti cointestati ad un terzo estraneo all’impresa, se, anche presuntivamente, riferibili all’impresa stessa. Resta comunque salva la facoltà della società di dimostrare l’estraneità delle singole operazioni all’attività d’impresa. In conclusione, non è sufficiente ad escludere l’operatività della presunzione legale la mera contitolarità del conto con il coniuge non impiegato nell’azienda. E, in caso di commistione tra consumi familiari ed attività imprenditoriale, sarà necessaria la prova analitica dell’estraneità ai fatti imponibili degli elementi desumibili dai conti.