Laddove l’Amministrazione finanziaria dimostri la fittizietà dell’operazione non assume rilievo la regolarità della contabilità e dei pagamenti. Studiamo il caso.
La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 22112 del 03/08/2021, ha chiarito a quali oneri documentali il contribuente deve adempiere per poter dedurre i costi. Nella specie, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato ad una società un avviso di accertamento con cui riprendeva a tassazione costi non documentati (e, quindi, indeducibili). La società impugnava l’accertamento davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che accoglieva il ricorso con sentenza poi confermata anche in secondo grado. La Commissione Tributaria Regionale riteneva assolto, da parte della contribuente, l’onere della prova, per avere dimostrato l’avvenuto compimento delle operazioni in contestazione.
La società aveva infatti prodotto le fatture relative alle stesse operazioni, mentre l’Ufficio, per parte sua, non aveva provato eventuali operazioni inesistenti. L’Amministrazione proponeva infine ricorso per cassazione, affermando come non fosse sufficiente la regolarità formale delle fatture esibite e la loro regolare iscrizione nel libro giornale. L’Ufficio, rilevava l’Agenzia Entrate, aveva del resto dedotto indizi idonei a confutare la veridicità dei documenti contabili.
La decisione
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Secondo la Suprema Corte la censura era fondata. Evidenziano i giudici di legittimità che le fatture sono idonee a rappresentare il costo dell’impresa e devono contenere oggetto e corrispettivo di ogni operazione commerciale. In caso di operazioni ritenute inesistenti spetta dunque all’Agenzia delle Entrate adempiere al proprio onere istruttorio. E, laddove l’Amministrazione finanziaria dimostri la fittizietà dell’operazione non assume rilievo la regolarità della contabilità e dei pagamenti. Nel caso in esame emergeva dunque che le società che avevano avuto rapporti commerciali con la contribuente erano evasori totali. Le stesse società avevano del resto la sede legale nell’immobile della contribuente, non avevano struttura, erano in liquidazione e non erano in grado di operare.
Conclusioni
Conclude dunque la Cassazione che la CTR, nella specie, non aveva tenuto conto della prova offerta dall’Ufficio rispetto alla fittizietà delle operazioni. E aveva ulteriormente violato i principi esposti, avendo ritenuto soddisfacente, a sostegno della tesi dell’effettività delle operazioni, la contabilità (solo) formalmente corretta prodotta dalla società. A prescindere comunque dallo specifico caso processuale, si evidenzia anche quanto segue. Per ciascuna operazione deve essere emessa una fattura, che deve contenere natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi oggetto dell’operazione.
La genericità della fattura, o comunque della documentazione fiscale prodotta, non aiuterà certo il contribuente ad adempiere al proprio onere della prova. Senza una fattura ben documentata il costo non potrà essere dedotto. Così come però neppure una fattura idoneamente compilata sarà comunque elemento di garanzia per la deduzione dello stesso costo. Come visto, infatti, la regolarità contabile (elemento necessario, ma non sufficiente) non impedisce all’Ufficio di dimostrarne l’inattendibilità sostanziale.