La tecnologia contro la pandemia: le nuove app per tracciare i contatti

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La tecnologia contro la pandemia: le nuove app per tracciare i contatti. Cosa significa?

Quello che avete appena visto è il tweet con cui la ministra Paola Pisano, che si occupa di Innovazione Tecnologica e Digitalizzazione, ha annunciato l’avvio del gruppo di lavoro “data-driven”. Qual è l’obiettivo di tale Gruppo? Quello di arrivare ad ottenere, in tempi i più brevi possibile, qualcosa che aiuti nella lotta al Coronavirus. E che lo faccia con la sicurezza di una app (probabilmente) in cui confluiscono tutta una serie di dati. La tecnologia dei Big Data a supporto della lotta al virus, insomma. Come è avvenuto da subito in Cina, Corea del Sud e Singapore. E come noi, buoni ritardatari, ci apprestiamo a fare adesso che siamo al picco del contagio, in fase stabile e prossimamente discendente.

Il Gruppo valuterà e proporrà soluzioni basate sui dati per la gestione di tutti gli aspetti legati all’emergenza sanitaria, economica e sociale legata al Coronavirus. Lo scopo dichiarato è quello di una eventuale app, come detto, in grado di tracciare gli spostamenti. Ma che cosa vuol dire quest’espressione nel mondo occidentale, così diverso dalle nazioni prima citate?

La tecnologia contro la pandemia: le nuove app per tracciare i contatti

L’espressione di cui si sta sentendo parlare è il “contact tracing”. E come funziona? Quando una persona risulta positiva al virus, ci si adopera subito per scoprire chi ha avuto con lei un contatto stretto nell’arco di tempo in cui era contagiosa o potenzialmente tale. Come ci si riesce? Utilizzando i dati immagazzinati dal cellulare in merito all’utilizzo delle app ed ai contatti con le celle degli operatori di telefonia mobile. Tracciando, appunto. Così facendo, si ottiene una serie di individui da contattare. Possono essere familiari o colleghi. Oppure compagni di viaggio e/o, eventuali contatti durante un soggiorno al di fuori del proprio comune o Paese di residenza, e via discorrendo.

C’è un problema, però. Soprattutto da noi in Occidente. Trovare il punto di contatto tra tracciamento e tutela della privacy. Già, perché la base del funzionamento di questa potenziale app, o di qualunque altro strumento, è il GPS che si trova dentro ogni smartphone. Magari accoppiato al Bluetooth (anch’esso in ogni dispositivo mobile). Il tutto per tracciare in modo più specifico le persone (seppure con tecniche atte a proteggerne l’identità).

Quali sono i progetti che stanno riscuotendo maggior interesse?

Per esempio Covid Anonymous Tracker, che monitora i dispositivi vicini al proprio in maniera anonima. Se viene fuori che siamo stati in prossimità di un contagiato negli ultimi 14 giorni, riceveremo istruzioni su come comportarci. Oppure L’app Del Centro Medico Sant’Agostino, migliore, secondo noi. Perché può ripercorrere retroattivamente come si sia spostata una persona. E rintracciare e avvertire chi è stato a contatto con lei nelle due settimane precedenti, invitandolo alla quarantena volontaria. Il tutto anonimamente. Ce ne sono anche altre, ma più complesse come funzionamento.

La lotta contro un virus, nemico subdolo e invisibile, si fa anche con la tecnologia. Soprattutto nell’era in cui questa domina incontrastata le nostre vite.

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