Prendiamo in esame due distinte categorie di risparmiatori. Da un lato chi ha investito nel mattone, dall’altro chi ha preferito la liquidità in c/c o negli strumenti di risparmio di Stato come buoni e BTP. Chi vincerà la sfida dell’inflazione?
Delle due, solo una categoria di risparmiatori ha il gran vantaggio di tutelare l’investimento iniziale. Detta diversamente, la stangata peggiore arriverà per chi ha i soldi sul conto corrente o investiti nel mattone?
La sconfitta atroce e sicura di chi si rifugia nella liquidità
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In questo articolo abbiamo visto quanto rende un investimento in BTP o nel mattone e cosa convenga di più. Si tratta di due soluzioni impegnative sia in termini di durata dell’investimento sia per il fatto che sbagliare è deleterio.
Se oggi il signor Mario Rossi optasse per gestire i suoi 50mila euro di risparmi su un c/c per i prossimi 10 anni, nel 2021 scoprirà di aver subito un vero “furto”.
Ipotizzando un’inflazione media annua dell’1% nel prossimo decennio, nel 2031 ci saranno già 5mila euro scarsi di perdita in termini di potere d’acquisto. Figuriamoci se il carovita medio dovesse risultare maggiore dell’1%!
Inoltre andranno aggiunte commissioni bancarie e imposta di bollo, altri mille euro circa in un decennio.
Reddito fisso: come proteggere al 100% i propri soldi?
Di contro gli strumenti a reddito fisso permettono di parare il colpo e di non subirlo tutto per intero: ma di quanto? La risposta è frastagliata e a geometrie variabili: dipende dal tasso d’interesse attivo che si è scelto in partenza.
Chi sottoscrive il buono per avere la certezza del 100% del capitale in caso di rimborso anticipato, dovrebbe preferire le scadenze lunghe. Sono le uniche che alzano i rendimenti (solo se portati a termine) e consentono di attutire i danni.
Passando ai BTP, il decennale oggi rende lo 0,75% circa, cioè quasi la metà del tasso di inflazione di giugno. Poi zero premio per il rischio e zero remunerazione per aver prestato i propri soldi a un debitore, lo Stato italiano.
Il mattone e l’arma segreta dei proprietari di seconde case
Chi decide di investire nel mattone sicuramente si espone a molti più rischi e molte più incombenze di un investitore in bond. Cercare l’appartamento giusto, l’inquilino che paghi, un maggior carico di tasse e bisogna curarsi dell’immobile.
Di contro però ha un enorme vantaggio tra le mani, ossia quello di adeguare i prezzi al costo della vita. Sia che si tratti di fitto che di immobile in vendita hanno il potere di incidere sul prezzo chiesto al cliente finale.
Ipotizzando l’acquisto oggi di un monolocale a 50mila euro in provincia, nel 2031 lo si potrebbe vendere a 55mila. Sempre ipotizzando un tasso d’inflazione medio annuo dell’1%, il prezzo a scadenza farebbe recuperare i “soldi veri” spesi oggi.
Non solo, ma quel proprietario potrebbe adeguare il canone d’affitto a periodi di tempo più ravvicinati. Una sorta di “affitti step-up” in cui però i ritocchi sono molto più corposi rispetto a quelli di un buono fruttifero o BTP Futura. Anzi, non ci sarebbe proprio storia.
Ma la stangata peggiore arriverà per chi ha i soldi sul conto corrente o investiti nel mattone?
Eccola dunque l’arma segreta dei proprietari di seconde case, la possibilità di incidere e determinare i prezzi finali.
Forse siamo alla vigilia di un periodo in cui l’inflazione futura romperà gli equilibri di molti patrimoni. Se così fosse, chi non si adeguerà per tempo alla fine dovrà fare solo la conta dei danni patrimoniali subiti.
A ogni risparmiatore la propria scelta, con l’augurio di non ritrovarsi tra 5 o 10 o 20 anni nella cerchia degli sconfitti.
Approfondimento
In arrivo una valanga di soldi per questi fortunatissimi proprietari di case.