Il 2023 si è aperto in materia pensionistica con alcune novità ma non con una riforma delle pensioni. Infatti nonostante da tempo si parla di riformare il sistema nulla è stato fatto se non il cambiare una misura con un’altra e prorogare due misure che scadevano il 31 dicembre scorso. Parliamo naturalmente di Quota 103 che ha preso il posto di Quota 102, e delle proroghe di Opzione donna e dell’APE sociale.
Nel corso di questo 2023 però gli incontri tra governo e sindacati dovrebbero mettere le basi per una futura riforma delle pensioni che consenta di andare prima in quiescenza determinati lavoratori. Ma in virtù delle misure previdenziali già oggi disponibili, anche senza la riforma delle pensioni nel 2024, c’è già chi è sicuro di poter lasciare il lavoro in anticipo. E senza la riforma pensioni anticipate 2024 che resta del tutto ipotetica.
La riforma pensioni anticipate 2024 e la cristallizzazione del diritto
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Quello che andremo a vedere non riguarda certo le pensioni di vecchiaia a 67 anni o la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi. Queste sono le due misure pilastro del sistema che saranno in vigore con gli stessi requisiti fino al 2026 e che quindi anche nel 2024 consentiranno di andare in pensione. Parliamo invece di pensionamenti in anticipo grazie a quelle misure la cui maturazione del diritto nel corso del 2023 lo rende inattaccabile anche nel 2024.
La lavoratrice che nel corso del 2023 non ha lasciato il lavoro con Opzione donna nonostante al 31 dicembre 2022 aveva già maturato 60 anni di età e 35 anni di contributi versati, potrà andare in pensione nel 2024. Sfruttando opzione donna anche se questa non ci sarà più. Naturalmente l’anno prossimo avrà 62 anni di età e magari avrà incrementato a 40 anni il bottino dei contributi versati. Ma la possibilità di andare in pensione con Opzione donna a prescindere dalla cessazione della misura nel 2024 o da un eventuale riforma delle pensioni, resterà intatta.
Quali misure sono certe di mandare in pensione i lavoratori
Lo stesso ragionamento può essere fatto per esempio per chi nel corso del 2023 completerà 41 anni di contributi versati ed avrà già completato i 62 anni di età. Questo lavoratore potrà andare in pensione ancora con la Quota 103 ad anche in questo caso a prescindere che la misura, come programma, cessi di esistere il prossimo 31 dicembre.
Lo stesso che accade a chi entro il 31 dicembre 2022 ha completato i 64 anni di età ed i 38 anni di contributi utili alla vecchia Quota 102. O chi al 31 dicembre 2021 aveva 62 anni di età e sempre 38 anni di contributi che davano accesso alla Quota 100.
Anche se può sembrare complicato, nel sistema pensionistico italiano vige la regola della cristallizzazione del diritto.
Chi ha maturato il diritto alla pensione con una misura mentre questa era in funzione, non perde questo diritto. Va sottolineato però che non tutte le misure offrono questa opportunità. Per esempio l’APE sociale non cristallizza il diritto perché necessita di un passaggio preventivo che è quello della certificazione del diritto. L’interessato deve chiedere all’INPS di certificare il possesso di tutti i requisiti utili all’APE sociale. Ma ci sono requisiti volubili che cambiano di anno in anno per un lavoratore. E che non permettono di rendere inviolabile il diritto a questa prestazione. Basti pensare all’INPS che certifica nel 2023 il diritto all’APE sociale per un soggetto che ha svolto lavoro gravoso in 7 degli ultimi 10 anni di carriera. Un requisito che cambiando l’anno al 2024, potrebbe non essere più superato.