Spiragli di una riforma delle pensioni nel vero senso della parola sono sempre più visibili. Infatti ogni giorno che passa ed ogni nuova dichiarazione da chi è vicino al dossier pensioni della Legge di Bilancio, la speranza aumenta. Le ipotesi di prorogare semplicemente l’APE sociale, l’opzione donna e la Quota 102, cioè le tre misure in scadenza a dicembre prossimo, stanno lasciando il campo ad un profonda revisione del sistema. Che potrebbe venire dotato di nuove misure che sarebbero una specie di toccasana per il sistema e per i lavoratori. E il paragone con le vecchie misure non regge ed è a completo vantaggio di quelle che il governo potrebbe varare.
La riforma delle pensioni con le nuove misure e perché migliorerebbe la situazione per tutti
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Uscire a 63 anni con 36 anni di contributi ma solo se alle prese con mansioni gravose è ciò che oggi consente l’APE sociale. Una misura che non riguarda tutti i lavoratori e che non è propriamente una misura pensionistica. Infatti è temporanea (fino ai 67 anni), non è reversibile, non prevede nell’ordine, maggiorazioni sociali, assegni familiari e tredicesima. A questo bisogna aggiungere che non ha un importo libero ma ha la soglia massima fissata a 1.500 euro.
Con le nuove pensioni flessibili, a 63 anni con quota 100 rivisitata, potrebbero andare in pensione quanti hanno 37 anni di contributi versati. E prenderebbero una pensione classica, calcolata con il sistema misto e quindi senza la penalizzazione che subiscono le lavoratrici con opzione donna. Naturalmente quest’ultima conviene come età di uscita, partendo dai 58 anni, ma statisticamente è una opzione sfruttata in media a 61/62 anni.
La nuova Quota 102 rispetto alla vecchia
Con la Quota 102 che sta per scadere, in pensione ci vanno quanti hanno maturato 64 anni di età e 38 anni di contributi versati. Se al posto di Quota 100 venisse varata una nuova Quota 102 flessibile, la platea dei beneficiari si allargherebbe esponenzialmente. Oggi infatti i limiti sono fissi e cioè 64 anni di età e 38 di contributi. Con la novità diventerebbero limiti variabili.
Lascerebbero il lavoro anche i soggetti che hanno 61 anni di età, anche se serviranno 41 anni di contributi versati. E poi anche a 62 e 63 anni rispettivamente con 40 e 39 anni di contributi. Ma l’opportunità sarebbe valida anche a 66 anni con 36 anni di contributi e a 65 anni con 37 anni di versamenti. Evidente l’estensione di platea che aumenterebbe ancora di più con la Quota 100 che per esempio consente il pensionamento già con 35 anni di contributi a chi ne ha 65 di età. Uscire prima dal lavoro in maniera più facile quindi, questo ciò che potrebbe accadere nel 2023.