Per essere sicuri di prevenire al meglio patologie anche serie, è bene sottoporsi a esami regolari. Rivolgiamoci quindi al nostro medico, che ci indicherà quali fare per tenere sotto controllo la nostra salute.
Soprattutto se sperimentiamo qualche sintomo, è importante subito chiedere consiglio a degli specialisti. Oggi, invece, conosceremo una ricerca che riguarda un sintomo in particolare, ovvero la pressione alta di notte. Come vedremo, infatti, essa potrebbe indicare che il nostro cervello sta correndo un pericolo.
I risultati dello studio svedese
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Alcuni ricercatori della Uppsala University hanno analizzato la relazione tra aumento della pressione arteriosa durante la notte e l’insorgenza di Alzheimer.
Di solito, spiegano gli studiosi, la pressione aumenta durante il giorno e si abbassa la notte. Tuttavia, alcuni individui presentano un comportamento esattamente opposto, dove la pressione sale durante la notte.
Il termine tecnico per descrivere questo aumento notturno è “reverse-dipping”, che indica appunto come l’aumento e l’abbassamento pressorio sono invertiti in alcuni soggetti.
La notte rappresenta un momento molto importante per il nostro fisico, perché ci permetterebbe non solo di riposarsi, ma anche di far eliminare al cervello dei prodotti di scarti accumulati durante la giornata. Questa eliminazione potrebbe essere compromessa dall’ipertensione notturna.
La pressione alta di notte potrebbe essere spia di un cervello in pericolo negli anziani
Conoscendo quindi gli effetti negativi della pressione alta di notte, i ricercatori hanno deciso di seguire 1.000 uomini svedesi per alcuni anni e verificare l’incidenza di morbo di Alzheimer all’interno di questo gruppo. L’età media dei partecipanti, all’inizio dello studio, era 70 anni.
I risultati sembrano confermare l’ipotesi degli studiosi: coloro che sperimentavano un aumento della pressione arteriosa di notte avevano un rischio del 64% maggiore di ricevere una diagnosi di demenza. Ad aumentare sono soprattutto i rischi di contrarre il morbo di Alzheimer, ovvero la forma più diffusa di demenza.
I ricercatori hanno quindi ottenuto dei risultati piuttosto netti, ma sottolineano comunque alcuni limiti della ricerca. Indicano che, poiché, i partecipanti erano unicamente maschi, sarebbe bene replicare questo studio anche per le donne anziane.
Questa ricerca apre comunque le porte a ulteriori studi, secondo i ricercatori. Infatti, il prossimo passo potrebbe quello di analizzare se i farmaci contro l’ipertensione possano ridurre i rischi di contrarre l’Alzheimer. Insomma, i risultati ottenuti sono importanti ma per poter dare una svolta alla prevenzione del morbo bisogna effettuare ulteriori studi.
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