La politica economica cinese e le tensioni in Medio Oriente spingono al rialzo il prezzo del petrolio

La politica economica cinese e le tensioni in Medio Oriente

Era da inizio settembre che non si vedevano le quotazioni del petrolio su questi livelli. A spingerli così in alto hanno contribuito la politica economica cinese e le tensioni in Medio Oriente. Oltre quale livello si può considerare altamente probabile un’accelerazione al rialzo?

La politica economica cinese e le tensioni in Medio Oriente spingono al rialzo il prezzo del petrolio

Dai minimi di circa 10 giorni fa, i prezzi del petrolio sono aumentati di circa il 10%, raggiungendo il livello più alto delle ultime tre settimane. Questo incremento è stato guidato dalla notizia di nuovi stimoli monetari dalla Cina, il maggiore importatore mondiale di petrolio, e dalle preoccupazioni legate al conflitto in Medio Oriente che potrebbe influenzare l’approvvigionamento regionale, mentre un altro uragano minacciava le forniture negli Stati Uniti, il più grande produttore mondiale di greggio.

Il prezzo del Brent si è avviato verso il valore più alto dal 2 settembre. Secondo Claudio Galimberti, direttore dell’analisi del mercato globale presso Rystad Energy, l’annuncio del governo cinese riguardo al più grande pacchetto di stimoli dall’inizio della pandemia, insieme al crescente aumento delle tensioni geopolitiche in Medio Oriente, ha contrastato il sentimento ribassista che ha dominato i mercati petroliferi nelle ultime settimane.

La banca centrale cinese ha presentato il suo più grande pacchetto di stimoli economici dall’epoca del COVID-19 per risollevare l’economia dalla deflazione e avvicinarsi agli obiettivi di crescita del governo. Tuttavia, gli analisti hanno avvertito che saranno necessari ulteriori interventi fiscali per raggiungere questi obiettivi.

Nel Medio Oriente, una regione chiave per la produzione di petrolio, un attacco aereo israeliano ha ucciso un comandante di Hezbollah nei sobborghi meridionali di Beirut, aumentando i timori di una guerra nella regione. Intanto, Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ha dichiarato che il presidente Joe Biden è determinato a negoziare una tregua a Gaza e un accordo sugli ostaggi con Hamas, cercando di ridurre le tensioni al confine tra Israele e Libano.

Anche le notizie che arrivano dagli USA contribuiscono alla salita dei prezzi

Nel frattempo, i produttori di petrolio statunitensi hanno iniziato a evacuare il personale dalle piattaforme di produzione nel Golfo del Messico, poiché un secondo uragano in due settimane minaccia di colpire le aree petrolifere offshore. Sebbene la tempesta tropicale Helene dovrebbe evitare la maggior parte delle regioni produttive nel Golfo, molte aziende hanno già sospeso parte della produzione.

Infine, i dati settimanali sulle scorte di petrolio negli Stati Uniti saranno pubblicati dall’American Petroleum Institute (API) e dalla U.S. Energy Information Administration (EIA). Gli analisti prevedono una riduzione di circa 1,2 milioni di barili di greggio dalle riserve statunitensi, il che segnerebbe la quinta diminuzione in sei settimane.

Le indicazioni dell’analisi grafica

 

Nonostante la salita delle quotazioni nel corso delle ultime settimane, la situazione è ancora molto incerta. I rialzisti, infatti, per prendere il sopravvento devono sperare in una chiusura settimanale superiore a 77 $. In questo caso il rialzo potrebbe continuare fino in area 90 $. Viceversa, i ribassisti potrebbero accelerare nel caso di chiusure settimanali inferiori a 67 $. In questo caso il ribasso potrebbe svilupparsi secondo lo scenario indicato in figura dalla linea tratteggiata.

Situazione contrastata per gli indicatori sul grafico del petrolio

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