Fino a marzo 2020 lo spauracchio di molti risparmiatori rispondeva al concetto di patrimoniale. Si tratta di una tassa decisa dall’Esecutivo in momenti cruciali della legislatura al fine di fare cassa e sanare i buchi di bilancio.
Detta in altri termini, è una decisione emergenziale nata perché il Governo si ritrova con l’acqua alla gola. In più si aggiunge l’aggravante che non può emettere moneta e/o ricorrere a fare altri debiti. Il mercato, ad esempio, non ha fiducia e chiede tassi d’interesse proibitivi. Un piccolo assaggio in tal senso lo abbiamo avuto nell’autunno 2011, negli ultimi giorni del Governo Berlusconi con lo spread alle stelle.
Quando nasce una patrimoniale e, soprattutto, quante patrimoniali esistono?
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Il piccolo risparmiatore, tuttavia, dimentica spesso di porsi alcune domande. Ad esempio, quando nasce una patrimoniale e, soprattutto, quante patrimoniali esistono?
La prima risposta è molto semplice: quando i conti del debitore, lo Stato, stanno andando alla deriva. Non solo, ma la patrimoniale sul conto corrente è già arrivata da mesi ma pochi risparmiatori se ne sono accorti. Cerchiamo di spiegare meglio quest’ultimo concetto.
La patrimoniale nasce per abbattere il debito pubblico quando diviene insostenibile. Già a marzo 2020 in tanti definivano quel debito come eccessivo. Poi nel frattempo è arrivato il Covid 10 e il Governo, giustamente, ha allentato i cordoni della spesa pubblica per non far collassare il sistema. Ora, se quel debito era “eccessivo” l’attuale come andrebbe definito?
La necessità di abbattere il debito pubblico
Oggi i Governi di mezzo Mondo sono alle prese con la necessità di abbattere il debito finora accumulato. Arriverà molto presto la patrimoniale come siamo abituati a pensarla?
Secondo molti addetti ai lavori, forse no. La situazione economica è fragile e quella sociale ancora più lacerata. Un’eventuale patrimoniale, quindi, accenderebbe la miccia del malcontento sociale.
Per le Autorità fiscali e monetarie mondiali non resta allora che la via dell’inflazione. I manuali di economia insegnano che quando l’inflazione è sostenuta a rimetterci sono i creditori. Nel caso di uno Stato, chi ha in mano il suo debito pubblico. Vediamolo con un piccolo esempio.
Creditore e debitore: chi ci guadagna, e quando?
Tizio nell’anno X presta a Caio 10mila euro al tasso dell’1% per la durata di 10 anni. Se nel corso del decennio l’inflazione sarà bassissima, i soldi restituiti a scadenza saranno in valore, più o meno uguali ai 10mila euro di partenza. Se invece sarà negativa ci guadagnerà il creditore. Nello scenario inverso, ossia inflazione sostenuta, ci guadagnerà il debitore. A scadenza, infatti, avrà restituito meno soldi (in valore) rispetto a quelli che ha ottenuto in origine, ad esempio 9.000 euro.
Si tratterebbe “solo” di un 10% di sconto che nel caso di uno Stato X, per esempio, varrebbero molto più di 2-3 patrimoniali messe assieme.
Dieci o venti anni fa al minimo accenno di inflazione la BCE avrebbe ritoccato a più riprese i tassi e tagliato da tempo la politica monetaria espansiva. Oggi i tassi sono a zero, l’inflazione alle stelle e qualche mese fa è stata anche definita “transitoria”.
La patrimoniale sul conto corrente è già arrivata da mesi ma pochi risparmiatori se ne sono accorti
In tutto questo marasma di eventi, cosa dovrebbe fare il piccolo risparmiatore? Non esistono soluzioni facili e lo dimostrano le difficoltà delle Autorità (nazionali e non, fiscali e monetarie) nel fronteggiare certi problemi.
Tuttavia, senza scomodare i grandi trattati di finanza, quando l’inflazione è sostenuta la strada è a senso unico: investire. Nella peggiore delle ipotesi, infatti, si riuscirebbe perlomeno a tamponare i danni.
Non farlo oggi, invece, porterebbe semplicemente alla conta dei danni domani (ecco quanto valgono 20mila euro sotto il materasso dopo 20 anni). Senza peraltro la possibilità di poter tornare indietro e chiedere: “posso rifare le mie scelte?”
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