Una misura di pensionamento anticipato da anni è in funzione e permette di centrare la pensione quasi 10 anni prima alle donne lavoratrici. La pensione di cui parliamo si chiama opzione donna. Una misura che ha vantaggi e svantaggi che ormai tutti conoscono. Nata in via sperimentale, la misura è rimasta tale anche se da anni ormai, conferma dopo conferma, è sempre in funzione. E si parla di una ipotetica, ma probabile nuova conferma anche nel 2023. Anzi, stavolta sembra che ci siano concrete possibilità che la misura diventi strutturale.
Se davvero sarà così, la misura entrerà in pianta stabile tra le misure fisse del sistema, affiancandosi alle pensioni di vecchiaia ordinarie o alle pensioni anticipate altrettanto ordinarie. Possibilità concrete anche perché si tratta di una misura che è tra le più virtuose dal punto di vista della spesa pensionistica pubblica.
La particolare pensione che favorisce le donne a riposo già a 58 anni di età
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Opzione donna di oggi, cioè quella che vale fino al 31 dicembre prossimo, consente uscite nettamente anticipate rispetto ai canali ordinari. Un vero e proprio scivolo perché fa uscire dal lavoro le lavoratrici dipendenti già al compimento dei 58 anni di età. E poco peggio va alle lavoratrici autonome che possono sfruttare la stessa uscita a partire dai 59 anni di età. Per tutte servono sempre almeno 35 anni di contributi versati. Ma entrambi i due requisiti vanno completati per forza entro il 31 dicembre dell’anno precedente quello in cui si dovrebbe andare in pensione.
Nel 2022, infatti, hanno potuto lasciare il lavoro, o hanno potuto maturare per sempre il diritto alla pensione, le lavoratrici che hanno compiuto 58 o 59 anni di età con 35 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 2021. Va detto che per la misura c’è la finestra di 12 mesi. La pensione non viene percepita dal primo giorno del mese successivo alla maturazione del diritto ma decorsi 12 mesi da tale completamento dei requisiti.
Opzione donna 2023, come potrebbe essere
Naturalmente, oltre a tutti i pro che la misura prevede, che fondamentalmente sono tutti riguardanti l’età pensionabile, ci sono alcuni contro. Il rovescio della medaglia infatti è il calcolo della pensione, nettamente penalizzante per le lavoratrici. Ma soprattutto per chi ha una carriera lunga prima del 1996. La particolare pensione che favorisce le donne da un lato, le penalizza dall’altro. Chi ha una carriera lunga da 18 anni in su prima del 1996, dovrebbe aver diritto al calcolo retributivo della pensione fino al 2012. Ma scegliendo opzione donna questo vantaggio decade. Infatti, tra le penalizzazioni della misura abbiamo:
- Meno anni di contributi versati uscendo a 58 anni e non aspettando i 67 (9 anni in meno);
- Calcolo contributivo della prestazione per tutti i 35 anni di contributi versati;
- Coefficiente di trasformazione di un punto peggiore di quello a 67 anni.
Significa in termini pratici lasciare 1/3 circa di pensione rispetto a quella che si percepirebbe a 67 anni. Nella ipotetica proroga della misura, soprattutto se diventerà definitiva come molte lavoratrici sperano, potrebbero però essere ritoccati alcuni requisiti. Per esempio si parla di spostare l’età di uscita da 58 e 59 anni, rispettivamente per dipendenti e autonome, a 60 e 61 anni.