La guerra mette in crisi anche l’argilla ma Confindustria Ceramica spinge per l’arrivo da altri Paesi vista la domanda in crescita

argilla

Bloccato il porto di Mariupol, è stato messo un argine sullo sbocco ucraino sul Mar Nero. Da qui importavamo grano, cereali e argilla. Eppure questa strada commerciale ha suscitato tanta invidia nella Russia che il botto è andato a segno.

L’allarme in Emilia

La guerra mette in crisi anche altri settori, alcuni dei quali ben lontani dall’immaginario collettivo. Ad esempio lo scoppio del conflitto ha coinciso con la fine dei trasporti di argilla dall’Ucraina e a soffrire in particolar modo è il Distretto della Ceramica emiliano. L’area già da mesi era tormentata dal caro energia che ha fatto balzare in alto le bollette. Infatti, dall’Ucraina nei tempi belli importavamo circa 2milioni di tonnellate di argilla ed alcune migliaia di tonnellate di caolino. Tali materiali sono fondamentali per la produzione di piastrelle e, senza perdersi d’animo, l’intero comparto si è attivato per trovare una soluzione nel giro di poche settimane.

La guerra mette in crisi anche l’argilla ma Confindustria Ceramica spinge per l’arrivo da altri Paesi vista la domanda in crescita

Confindustria Ceramica fornisce indicazioni sullo scenario attuale che si caratterizza per due aspetti positivi. Il mercato italiano e soprattutto l’export della ceramica italiana sono cresciuti molto. Soprattutto il mercato americano ha aumentato le commesse nel 2021 del 26% mentre in Italia una certa richiesta è generata anche dal Superbonus.  I due aspetti critici invece riguardano il costo di energia – in primis gas metano – con incrementi notevoli e, di conseguenza, la riduzione del margine di guadagno. La seconda criticità è data dall’import di argilla dall’Ucraina, da cui importavamo il 25% del totale delle materie prime.

L’alternativa

La scelta strategica delle aziende del comparto è stata quella di rispondere alla domanda molto forte che proviene dal mercato, sacrificando i margini reddituali. E soprattutto, andando alla ricerca di materie prime per sostituire quelle ucraine, non più disponibili. Il tutto per continuare ad alimentare la produzione che – con la sola eccezione di alcuni giorni – non si è mai fermata. Infatti un po’ come per il gas, anche per l’argilla è già iniziato il tour in giro per il Mondo alla ricerca di altri mercati.

Confindustria Ceramica spinge per l’arrivo da altri Paesi e comunica che ci si è rivolti dapprima a quei fornitori che storicamente vendevano il restante 75% dei volumi. I Paesi che giungono in soccorso sono la Germania, la Francia, l’Austria, gli Stati Uniti d’America, l’India, il Brasile, ma soprattutto la Turchia. Dal Paese di Erdogan la scorsa settimana è già arrivato uno dei sei carichi che sono in programma entro fine di maggio. Cambieranno verosimilmente i costi, vista la maggiore distanza di percorrenza tra l’Italia e i Paesi considerati. Intanto l’industria della ceramica scommette sullo switch (cambiamento) verso altri mercati e pare le premesse lascino ben sperare.

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