Ci avviamo a passi spediti verso il Natale e le festività di fine anno e la testa è presa da mille pensieri. I regali da fare e gli ultimi acquisti personali, i menù da preparare e gli eventuali viaggi da organizzare.
Tuttavia, proprio in questi giorni le Banche Centrali stanno vedendo cosa fare per arginare l’inflazione giunta ormai a livelli record. Il motivo è presto detto: l’aumento dei prezzi brucia stipendi e risparmi, per cui la gente ben presto si scoprirà più povera di ieri.
Per gli stipendi, bisogna sperare nel loro aumento per conservarli inalterati nel tempo. Per i risparmi, o ci si rimbocca le maniche o si resta “impigliati nella rete”. Detta diversamente, la grande trappola non è un film di Natale ma questa quotidiana sconfitta che subisce questo risparmiatore. Spieghiamo meglio il concetto.
Il rapporto di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi
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Un paio di giorni fa, Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi hanno presentato i risultati di una ricerca sul risparmio e le scelte finanziarie degli italiani nel 2021.
Dall’indagine risulta che è scesa la quota dei risparmiatori, passati dal 55,1% al 48,6%, mentre è aumentata la quota del risparmio involontario. Il saldo netto di queste dinamiche ha fatto aumentare la liquidità sui c/c delle famiglie di 110 miliardi di euro. Un simile risultato si spiega solo con un incremento delle disparità della propensione al risparmio degli italiani. Al riguardo, abbiamo già visto quanti soldi ha in banca una media famiglia italiana.
Agli intervistati è stato chiesto inoltre quale fosse il loro obiettivo. La preferenza è ricaduta sulla liquidità per il breve periodo e la sicurezza nel lungo.
Dall’indagine risulta poi che i risparmiatori sono soddisfatti dei loro investimenti fatti nell’ultimo anno. Il maggior grado di soddisfazione tra tutte le classi di investimento è associato al risparmio gestito, dove il rapporto soddisfatti/insoddisfatti è di 6 a 1.
Altrettanto lusinghiero è stato il giudizio sul gradimento dei servizi delle banche, che ha raggiunto il suo massimo nel 2021. In questo caso il rapporto tra soddisfatti e insoddisfatti è stato pari a 18 a 1. Quindici anni fa, invece, quando il quesito venne posto per la prima volta, il rapporto era pari a 3,9 a 1.
La trappola della liquidità
A questo punto dobbiamo fare una doverosa precisazione sul significato di “trappola della liquidità” in economia. L’espressione indica la situazione in cui una Banca centrale azzera il tasso d’interesse e la politica monetaria non riesce più a produrre effetti reali sull’economia. Perlomeno per il tramite dei tassi d’interesse.
Usando l’immaginazione e procedendo per metafore, oggi la “trappola” per il risparmiatore potrebbe essere la sua preferenza per la liquidità. Ossia la circostanza per cui i rendimenti sono molto bassi e lo inducono a mantenere i risparmi in forma di liquidità sul conto corrente. In definitiva si ritrova con una ricchezza che è tale solo sulla carta, in quanto non genera alcun rendimento.
La grande trappola non è il film di Natale ma questa quotidiana sconfitta che subisce questo risparmiatore
L’altra metà della trappola sta invece nella morsa inflazione-costi. Se è vero che il fronte dei guadagni è ridotto all’osso, non altrettanto si può dire sul lato delle spese. L’inflazione a ottobre ha raggiunto il massimo degli ultimi 13 anni, portando al massimo le perdite derivanti dalla svalutazione del denaro.
Per avere una minima idea al riguardo, ecco quanto valgono 50.000 euro depositati in banca l’1 gennaio e mai prelevati fino ad oggi.
Infine c’è l’imposta di bollo (34,20 euro annui per giacenze sopra i 5mila euro) e i costi di tenuta conto. Quest’ultimi, in particolare, è probabile continuino a salire nel futuro prossimo, e non solo per l’effetto inflazione. Gli istituti di credito, infatti, potrebbero far leva sulla preferenza per la liquidità dei risparmiatori e, in un certo senso, andare a colpo sicuro.
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