Il principio secondo il quale gli amministratori di società sono solidalmente responsabili verso la società stessa, per i danni derivanti dall’inosservanza dei doveri previsti ex lege, è sottoposto a limiti rigorosi, quanto alla sua portata applicativa.
Non vi è, infatti, nessun automatismo tra l’invocabilità della disposizione codicistica di cui all’art. 2392 c.c., rubricata “Responsabilità verso la società” e l’attività gestoria svolta dall’amministratore.
Ne deriva il postulato interpretativo secondo cui i soci, prima di esperire in sede giudiziale un’azione di responsabilità contro l’organo amministrativo, devono assicurarsi di avere le relative prove.
Segnatamente, secondo la lettera dell’art. 2392 c.c., i presupposti della responsabilità civile de quo sono: l’inosservanza della diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze.
La diligenza, quindi, è quella “qualificata” di cui al secondo comma dell’art. 1176 c.c e non semplicemente quella di matrice romanistica del “Buon padre di famiglia”, prevista dal primo comma dello stesso articolo. Quanto alle “specifiche competenze”, viene il rilievo la perizia dell’amministratore, ovvero l’obbligo di svolgere l’incarico non solo diligentemente, nel senso sopra precisato, ma anche con perizia e prudenza.
In altri termini, i presupposti della responsabilità in oggetto sono parametrati ai tre elementi costitutivi della colpa, di cui all’art. 2043 c.c., ovvero: negligenza, imprudenza e imperizia. Di modo che l’obbligo di risarcire i danni, ai sensi dell’art. 2043 c.c., scatta in capo a chiunque abbia cagionato a terzi un danno ingiusto o contra ius, previo assolvimento del relativo onere probatorio e del relativo nesso di causalità. Analoghe considerazioni valgono in tema di responsabilità a titolo contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 c.c., salvo il diverso regime probatorio contemplato dalla norma.
La discrezionalità gestionale nell’amministrazione delle società di capitali
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Ebbene, ad inasprire i presupposti applicativi delle disposizioni civilistiche di riferimento, è intervenuta una recentissima pronuncia della Suprema Corte, che ha introdotto il principio della “Discrezionalità gestionale” nell’attività amministrativa. Trattasi di sentenza che impatterà fortemente sul contenzioso societario, in quanto finalizzata a restringere ulteriormente i presupposti applicativi della disposizione di cui all’art. 2392 c.c., fino quasi a “svuotare di significato” l’azione di responsabilità contro gli amministratori di società.
In particolare, la Cassazione Civile, con sentenza n. 25056, depositata lo scorso 9 novembre 2020, ha affermato il principio dell’insindacabilità della discrezionalità del merito delle scelte gestorie degli amministratori di società di capitali, il cui limite è la ragionevolezza. Trattasi, per vero, di principio già consacrato in precedenti giurisprudenziali, (tra i quali, ex multis, Cass. Civ. n. 15470 del 22.06.2017; n. 1783 del 02.02.2015; n. 3409 del 12.02.2013). La novità rispetto ai precedenti risiede nel fatto che la Suprema Corte, per la prima volta, ha parlato di “Discrezionalità gestionale”, concetto che rimanda alla “Discrezionalità amministrativa”, nota al Consiglio di Stato.
Il parere della Suprema Corte
Secondo la Suprema Corte, invero, non è imputabile ex art. 2932 c.c. la mera commissione di scelte inopportune, sotto il profilo economico, essendo l’opportunità sussumibile nel novero di quella discrezionalità gestionale “coniata”. L’imputabilità della responsabilità all’amministratore di società di capitali, invero, richiede la prova del compimento delle attività amministrative senza le necessarie cautele.
Cautele che coinciderebbero, secondo la Corte di Nomofilachia, nella correlazione delle proprie scelte con: “Le verifiche, le indagini e le informazioni preventive normalmente richieste per una scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità”.
In conclusione, a proposito della discrezionalità gestionale nell’amministrazione delle società di capitali, un’interpretazione talmente restrittiva, quella resa dall’Organo di Nomofilachia, da mettere a repentaglio il principio della certezza del diritto, per omaggiare la discrezionalità- Sic!-
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