Diffamare qualcuno significa commettere un vero e proprio reato che non consiste nell’offendere la persona vis a vis (quella sarebbe ingiuria, ma questo reato non esiste più) bensì offendere un soggetto davanti ad altri rovinandone la reputazione, questo secondo l’articolo 595 del codice penale.
Questo tipo di reato si aggrava quando si descrive un fatto compiuto ben preciso (vero, presunto o falso) e quando il racconto è fatto a mezzo stampa o con altro mezzo pubblico, come appunto i social. La diffamazione a mezzo social è un grave reato da cui, però, ci si può difendere.
Per commettere un reato di diffamazione è necessario che la comunicazione avvenga in presenza di più persone, le quali siano in grado di percepire quelle parole come offensive; inoltre si deve essere consapevoli che con quelle affermazioni si sta rovinando l’opinione che gli altri hanno della vittima.
Come abbiamo già accennato, invece, l’offesa fatta direttamente alla persona, cioè l’ingiuria, è stata depenalizzata nel 2016.
La diffamazione, invece, è ancora un reato molto grave, vediamo come può verificarsi e, soprattutto, cosa può fare la vittima.
La diffamazione a mezzo social è un grave reato da cui ci si può difendere così; il parere della Corte di Cassazione
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La diffamazione è un reato molto grave disciplinato dall’articolo 595 del Codice Penale che consiste nel rovinare la reputazione di un’altra persona a mezzo stampa o a mezzo pubblicità (come a mezzo internet o a mezzo social).
La diffamazione a mezzo social ormai è diventato uno dei modi più frequenti di offesa alla reputazione.
All’inizio dell’era dei social, molti giudici pensavano che non potesse configurarsi la diffamazione, perché quell’ambiente virtuale era considerato “chiuso”.
Ci sono voluti anni affinché la giurisprudenza facesse un passo avanti e comprendesse che, invece, i social non erano affatto un ambiente chiuso e che le offese scritte lì erano di pubblico dominio. E così i supremi giudici della Corte di Cassazione nel 2014 hanno ammesso che la diffamazione aggravata può essere anche quella che si concretizza attraverso un social network, perché l’offesa verso la vittima viene messa a disposizione di una moltitudine indeterminata di soggetti.
La diffamazione a mezzo social è un reato aggravato
La diffamazione a mezzo social non concretizza solo il reato di diffamazione, ma è anche aggravata, perché si utilizza il mezzo della pubblicità.
Ed è sempre la Corte di Cassazione a stabilirlo con la sentenza n. 50 del 2017, nella quale afferma che “un’offesa fatta a mezzo Facebook integra un’ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell’art. 595 terzo comma del codice penale, perché può raggiungere un numero indeterminato di persone”.
La diffamazione a mezzo Facebook si ritene aggravata anche se non si fanno nomi!
Questo significa che la diffamazione si concretizza anche quando l’offesa avviene in un gruppo social, su whatsapp, su telegram o su Facebook.
Ecco la tutela
Difendersi dalla diffamazione a mezzo social non è semplice, soprattutto quando il testo dell’offesa viene cancellato. Ecco perché è importante, quando si riceve un’offesa sui social, fare immediatamente uno screenshot; in questo modo anche se il contenuto originale sarà cancellato, si potrà denunciare il reato alla Procura.
Entro 90 giorni dalla commissione del reato, la vittima potrà presentare denuncia e potrà anche iniziare un’azione civile per il risarcimento del danno (in questo caso il periodo di decadenza è due anni).
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