Molte volte i rapporti tra vicini non sono dei migliori. Ciò in quanto c’è sempre la voglia del vicino di turbare l’esercizio dell’altrui diritto di proprietà, convinto che se ne stia ledendo uno proprio. Oppure, nella maggior parte dei casi, può accadere che le beghe nascano per problemi condominiali di qualsiasi tipo. Ebbene, se ci troviamo a litigare con il vicino e questo ci insulta pesantemente, evitiamo di minacciarlo, anche se vogliamo ricambiargli il favore di insultarlo.
Vediamo perché. In effetti, da quanto sostiene la giurisprudenza e la stessa legge, l’offesa non integra reato, invece la minaccia si. Quindi, in poche parole: insulti sì, minacce no? Vediamo cosa dicono la legge e la Cassazione sul punto.
Inquadramento giuridico del fatto
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Ebbene, a fronte della domanda: “Insulti sì, minacce no?” Vediamo cosa dicono la legge e la Cassazione. Preliminarmente, chiariamo come si pone la legge sull’argomento. Segnatamente, l’ingiuria è stata derubricata ad illecito civile e non costituisce più reato. Pertanto, per ottenere tutela rispetto alla stessa occorre instaurare un procedimento civile, onde ottenere un risarcimento del danno e la comminazione di una multa verso il responsabile.
Naturalmente, tutto ciò sarà possibile soltanto se riusciamo a provare che ci sia stata un’offesa. Quindi, diventa quasi impossibile ottenere giustizia se al fatto non hanno assistito testimoni, che abbiano sentito le ingiurie. Di contro, la minaccia, ossia la prospettazione di procurare ad altri un danno grave e ingiusto, integra ancora reato ai sensi dell’art. 612 c.p. Inoltre, a differenza che nel processo civile, in quello penale, le confessioni della persona offesa costituiscono prova. Da ciò la conseguenza che non sono tecnicamente necessari i testimoni ai fini di un’incriminazione.
Posizione della Giurisprudenza
La Cassazione, con sentenza n. 54521 del 2018, ha reputato che minacciare di far allagare l’appartamento altrui, integri il reato ex art. 612 c.p.. Quindi, le minacce possono essere le più svariate ed avere molteplici contenuti. Tuttavia, la questione è, appunto, che la minaccia, quando in base alle circostanze del caso concreto sia seria, ha rilevanza penale. Inoltre, cosa ancor più importante è che, ai fini della sussistenza del delitto, è del tutto irrilevante la reale intenzione dell’agente di realizzare la condotta prospettata.
Poi, è necessario che «la minaccia sia idonea a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo, ancorché il turbamento psichico non si verifichi in concreto”. Questo è quanto ha dedotto la Suprema Corte di Cassazione. La conseguenza è che, in definitiva, se è proprio necessario, meglio difendersi ricambiando le offese ricevute che facendo minacce, anche se non si ha alcuna intenzione di dar loro seguito. La cosa migliore, però, è sempre agire per iscritto per difendere i propri diritti, evitando di cadere in qualsiasi provocazione ed azione offensiva, che, concretamente, sono del tutto inefficaci.
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