Analizziamo due prodotti apparentemente simili come il conto deposito CD e il conto corrente. In realtà, si tratta di una falsa somiglianza, forse ingenerata dalla forte vicinanza dei nomi ma dai contenuti assai distanti.
Le divergenze derivano anzitutto dalle finalità per cui nascono i due prodotti. Mentre il c/c è uno strumento di pagamento, il CD è un prodotto di investimento. A cascata ne derivano divergenze in termini di ricavi e costi. Analizzandoli si scopre che è incredibile quanto fruttano 10.000 euro al mese su conto deposito rispetto l’altro prodotto.
La recente indagine sul costo medio del conto corrente
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Sul proprio sito, la Banca d’Italia ha pubblicato i risultati dell’indagine sulla spesa media del c/c delle famiglie. Una preziosa analisi che tuttavia attiene al 2021, anno in cui l’inflazione è stata contenuta.
In sintesi, l’anno scorso le spese del conto bancario tradizionale sono arrivate a 94,70 euro, +3,80 euro sul 2020. Stesso trend per il conto postale e online, giacché il primo è passato da 53,00 a 58,00 euro e il secondo da 21,50 a 24,30 euro.
Se spalmassimo questi costi su 12 mesi, ne verrebbe fuori una spesa media mensile pari a 7,89, 4,83 e 2,02 euro a seconda del conto considerato. Inoltre, va considerata l’imposta di bollo per i conti con giacenze medie annue sopra i 5mila euro. Essa è di 34,20 euro annui per i rapporti aperti dalle persone fisiche, quindi altri 2,85 euro mensili di spese.
Immaginiamo un correntista con 10mila euro sul conto. Sommando le due voci, ossia i costi di gestione e imposta di bollo, ne verrebbe fuori un’uscita media mensile compresa tra i 10,74 e i 4,87 euro.
Incredibile quanto fruttano 10.000 euro al mese su conto deposito rispetto ai costi medi mensili del c/c bancario
Il CD è invece uno strumento su cui far affluire la c.d. liquidità in eccesso per farla fruttare. Il rendimento offerto varia a seconda che si tratti di un prodotto a vincolo o meno, dove i primi rendono più dei secondi.
Inoltre, tanta differenza la può fare la presenza o meno di una data promozione da parte dell’emittente. Si pensi a quelle previste per nuovi clienti e/o nuova liquidità.
Infine, non mancano sul mercato operatori che si accollano (spesso solo per un limitato periodo di tempo) l’imposta di bollo. Quest’ultima è pari al 2X1.000 del capitale depositato e grava comunque sul guadagno netto finale.
Immaginiamo ora di depositare 10mila euro su un CD vincolato, sempre per 1 anno. Al momento in cui scriviamo, le migliori offerte prevedono un rendimento del 2,50% annuo lordo, ossia l’1,85% netto. In pratica, un guadagno netto mensile tra i 13 e i 15 euro circa, a seconda di chi paga realmente, tra cliente e banca, l’imposta di bollo.
Questione di rendimenti
Infine, una doverosa precisazione. Noi abbiamo considerato solo i rendimenti lordi e netti, cioè al lordo e al netto della tassazione. Per motivi di semplicità non abbiamo considerato il rendimento reale, quello che si ottiene al netto del carovita.
Ora, considerati gli attuali livelli d’inflazione s’intuisce che sul reddito fisso si tratta quasi sempre di rendimenti reali negativi. Tuttavia, rispetto alla scelta della liquidità pura consente perlomeno di attenuare le perdite (in termini reali).